Ultima rilevazione sulla disoccupazione al 13,2% e se guardiamo il dato sui giovani siamo al 43,3%. Dato sicuramente allarmante; evito il commento “politico e partitico” e le dichiarazioni dei rappresentanti istituzionali di entrambe le parti in causa; una bagarre che sa di vecchio ed è basata su questioni di principio, seppur valide ma non in grado di affrontare il problema del qui ed ora; una obsolescenza della quale avremmo fatto volentieri a meno (e non abbiamo visto ancora il peggio) ; mi soffermerei volentieri sui commenti di quelli che sono in trincea, in prima fila; gli addetti al lavoro (tra i quali – nel mio piccolo – mi ci metto anch’io).
Vi invito a leggere a fondo l’articolo di Walter Passerini (La Stampa di sabato 29 novembre, fondo pagina 4). Lo condivido al 100%. Il dettaglio dei numeri è interessante.
Inizio col dire che l’attenzione primaria dovremmo porla su come vengono utilizzati i dati e (quindi) potenzialmente strumentalizzati: i periodi di riferimento – per esempio – sono l’elemento sul quale dovremmo porre la massima attenzione. Se il dato lo prendiamo mensilmente la questione appare drammatica e con poche speranze; se li spostiamo su base trimestrale ci accorgiamo che gli occupati sono aumentati e – ahimè in contemporanea anche i disoccupati; attenzione, questo non vuol dire che non c’è lavoro e basta, vuol dire che esiste un’alternanza tra domanda e offerta e probabilmente queste due situazioni non coincidono.
Forse sarebbe il caso di dire che tra domanda ed offerta c’è un forte divario sulle primarie necessità e non solo che c’è disperata crisi di posti di lavoro e basta: perché non argomentiamo meglio il dettaglio? Cerchiamo lavoro tra un mercato che non soddisfa queste esigenze? Può darsi. Vi porto piccolo e semplice esempio che mi riguarda …. So che non può essere attendibile dal punto di vista statistico, ma potrebbe aiutare a far riflettere: ho appena dovuto rinunciare ad una ricerca di lavoro, in quanto dopo un mese di pubblicazioni giornaliere su 2 siti nazionali tra i più importanti e varie bacheche della zona d’interesse, ho rilevato ben più di 600 visualizzazioni e ricevuto 18 CV!!!! E non è la prima volta che ho questa sperequazione tra visualizzazioni e CV realmente ricevuti ( e che CV si ricevono?? lasciamo perdere). I motivi sono davvero tantissimi. Ma economicamente parlando mi soffermo sul concetto chiave: lontananza dei bisogni da soddisfare tra domanda ed offerta segnalando che tra questi due mondi non c’è comunicazione, non c’è relazione, non c’è dialogo.
I “mondi interessati” sono a mio avviso semplici da individuare. Provo a fare questo gioco di rimbalzi: iniziamo dalla scuola che sforna persone che il mercato, professionalmente parlando, non riesce più a inglobare (un laureato oggi fatica ad accettare un lavoro più umile e le società hanno bisogno anche di lavori più semplici da eseguire come … gestire un data base o un venditore da mandare in giro fisicamente a vendere – chissà quale onta ci sta in questa proposta!!); il mercato stesso, alcune volte obsoleto, non evolve e necessita spesso di sola mano d’opera che il mercato del lavoro non ha più. E se anche ci fosse disponibilità di mano d’opera, spesso la troviamo “ferma hai box”, alla quale conviene (??) rimanere in situazione di precariato; il perché è abbastanza comprensibile. Le regole che da anni sono legate a questi schemi (mobilità di vario tipo, CIG ecc,) fan si che, se per caso una persona venisse assunta con un contratto a tempo determinato di 6 mesi per provare un nuovo lavoro (cosa legittima e da incentivare!!??) e per caso il rapporto non funzionasse per attitudini o altro, nella condizione di precariato sociale il lavoratore non rientrerebbe più …. Quindi a certe persone conviene rimanere li, magari a fare dei lavoretti in nero (wow!) per arrotondare; non si ha tempo per studiare, non si hanno soldi per fare formazione …… tutto si ferma ….. allora servirebbe uno stato politico dirigenziale che – con coraggio – dovrebbe provare ad abbassare i costi del lavoro …. Ma se questi costi del lavoro servono per pagare la CIG o altro ….. beh, non ne verremo fuori facilmente
Se fossi negativo mi verrebbe da pensare che ne usciremo con un forte conflitto sociale tra chi avrà sempre più diritti acquisiti intoccabili e chi sarà veramente fuori da questi schemi e quindi fuori dal mercato del lavoro.
Voglio chiudere in positivo; mi auguro che chi sta governando le regole del mondo del lavoro abbia più coraggio e vada finalmente, una volta per tutte, in fondo al lavoro e ci renda competitivi anche verso il mondo che ci osserva, in attesa che finalmente dopo 60 anni di immobilismo sociale a cercare solo la quadra dei diritti, qualcosa finalmente cambi, nel rispetto umano e sociale, quindi politico (e non partitico) di tutte le categorie !!! Eguaglianza sociale nei DOVERI, verso tutti, lavoratori, imprenditori, scuola, in una parola …. Formiamo lo stato!
Buongiorno,
la prego di togliere l’acca nella frase “ferma ai box”.
Grazie
ops…. Signor Lorenzo grazie mille
mi scuso con lei ed i lettori per questo errore di “stompa” ….