
Non c’è giorno che passi senza sentire le solite frasi sulla crisi. Ormai ripetitive e consuete. Lungi da me l’idea di rinnegare questo stato delle cose, ci mancherebbe. Ma devo ammettere che sono un po’ infastidito da coloro che evidenziano le sole negatività, senza provare ad analizzare alcune possibili e fortunate vie d’uscita (e ce ne sono … ma sono ovviamente faticose). In questo spazio proverò a riportarvi i contenuti di una riflessione che ho trovato su una rivista. (Inserto del corriere della sera Sette del 18 Luglio 2014) .
L’articolo parlava delle nostre italiche eccellenze tentando di evidenziare il nostro “saper fare”, la nostra artigianalità, la nostra manualità unica al mondo, che, se unita ad una cultura tecnologica ben gestista, potrebbe farci uscire allo scoperto e far conoscere al mondo chi sono i veri “produttori ed artisti” del famoso made in Italy e soprattutto come potrebbero vendere nel mondo i loro prodotti.
Non voglio entrare nel complesso discorso del come proteggere e riconoscere il nostro marchio del “Made in Italy”. Persone più autorevoli di me potrebbero spiegare come farlo, soprattutto come farlo bene! In questo spazio vorrei limitarmi su alcune cose fondamentali: esaltare questi ingegnosi “imprenditori” ma soprattutto alzare la voce gridando loro: DOVETE FORMARVI!!!
Se la vostra capacità, intelligenza imprenditoriale, creatività nonché unica competenza del “saper fare”, è riconosciuta, dovete formarvi nel sviluppare le competenze del “saper gestire” e del “sapersi relazionare” con il mondo esterno. Non trovate tempo? Fate in modo che, chi vi segue nelle generazioni, i nostri/vostri figli, non abbandonino, per falsi miti, questa ricchezza.
E mi rivolgo al famoso 40% di giovani senza lavoro. Provateci voi! Lo so che molti storcendo il naso diranno …. “beh ma io sono un ingegnere gestionale, io sono un tecnologo alimentarista, io sono uno specialista in marketing con due lauree e tre master “…. ecc. ecc. ci sono troppi “colletti bianchi”; serve riprendere il sapere della manovalanza SENZA perdere il nostro sapere tecnologico.
Lavorando con la fantasia, mi immagino che un produttore artigiano di borse o scarpe, con un affiancamento serio di chi conosce sistemi per analizzare correttamente i dati e i mercati economici di riferimento e del settore, potrebbe aprire nuovi mondi; che un buon ingegnere meccanico potrebbe aiutare l’artigiano in piccoli passaggi di industrializzazione di processo (e non di prodotto e basta). Laura Chini, direttrice della scuola per manager di reti d’impresa sostiene, nell’articolo citato, che “l’80% “del lavoro che sta dietro ad una borsa è fatto a mano. La macchina aiuta a controllare al millimetro gli spessori, ma non potrà mai sostituire i “gesti” della presenza umana.” Quindi due mondi che potrebbero davvero “spaccare”…come si dice tra i giovani di questi tempi….
Cari giovani senza lavoro ….. avanti, stupiteci, cosa aspettate a “spaccare”; se è vero che il vostro “sapere” è così evoluto, dovreste necessariamente avvicinarvi, sempre più, verso questi imprenditori artigiani, senza paura di “sentirvi squalificati” come molti “ben pensanti” hanno scritto e detto per anni. Avviciniamo il nostro italico mondo del saper fare per poter dire, INSIEME, che “in Italia sappiamo gestire un nuovo modo di fare “impresa”; mettere, quindi, insieme due mondi, far formare questi giovani in nuovi imprenditori, far formare questi artigiani in ottimi manager. Tutto senza etichette e senza la paura di dire che cosa fate…
L’articolo parlava di tante esperienze in atto, che positivamente rispondono a questi requisiti, spingendosi talmente in la, al punto da dichiarare che “la tecnologia, se ben utilizzata, potrebbe portarci all’autarchia”, cioè a quella indipendenza di un sistema economico dall’esterno, ottenuta cercando di produrre all’interno tutti i beni e servizi di cui si ha bisogno. Sicuramente ci sono esperienze che lo dimostrano.
Non si chiede così tanto…. Basterebbe che mass media, uomini di cultura, manager, la politica e le istituzioni scolastiche, iniziassero a “pensare in modo culturale”, come definire questi nuovi scenari, queste nuove professioni, senza alcun giudizio. Che non si stupissero se qualche persona rinuncia a “pseudo-carriere” per lavorare la terra, il cuoio, o altro. Proviamo a far fare “stages” operativi e dichiarati come percorsi formativi nelle nostre aziende; diciamo ai giovani, sia a scuola che nella società – e quindi anche in casa -, che un po’ di sana manovalanza non ha mai ucciso nessuno, anzi, che .. a laureati – masterizzati, non può far che bene…. E vuoi vedere che questa potrebbe essere una delle via d’uscita da questa “crisi”??….. chissà…!