La settimana scorsa si parlava di , “AAA esperienza cercasi, Daimler richiama 100 pensionati al lavoro – più competenti in informatica e nelle missioni all’estero”. Questa settimana altra notizia, a dir poco curiosa,. Trafiletto del Corriere della sera di qualche giorno fa, Venerdì 6 Giugno 2014, pagina 41 troverete questo articolo “Nonostante la crisi: i 10 profili che le imprese non trovano. Pare che da un’indagine di un’autorevole agenzia del lavoro (Manpower Group), le aziende in difficoltà di assunzione sono passate dal 17% al 34%: quindi nei primi mesi del 2014 vi siano stati 10 profili “difficili” da cercare, quali, udite gente udite “ ….. tecnici di produzione specializzati, segretarie e personale di back office, addetti alle vendite, professionisti IT, Sales manager, personale alberghiero per la ristorazione, professionisti nella contabilità e nella finanza, formatori e autisti.
Motivo secondo l’agenzia? Carenze di chi si candida in termini di competenze tecniche e poche competenze trasversali. (quali collaborazione,visione dell’insieme). Sufficiente, questo, a giustificare la situazione? Secondo me no. Troppo riduttivo. Non me ne voglia l’autorevole quotidiano e chi ha scritto l’articolo, ma la questione è ben più complessa e meriterebbe più spazio.
Se parto dalla mia esperienza, non posso che confermare, in buona parte, quanto leggo sopra; le difficoltà che riscontro ogni volta che inizio una selezione, nonostante la disoccupazione che cresce ogni mese, sono davvero tante. Alcune le ho già elencate nell’articolo della settimana scorsa, altre motivazioni le ho enunciate in diversi miei articoli su questo spazio (manager impreparati,aziende impreparate ad accogliere manager di un certo livello).
Ma è tutta colpa dei candidati???? Secondo me no, anche se le responsabilità (non le colpe) sarebbero un po’ da ridistribuire.
Proviamo a partire dalla scuola superiore che dovrebbe riprendere il ruolo più propositivo verso nuove tecnologie e quindi tornare ad essere “generatrice” di persone meglio preparate nei ruoli tecnici con un buon grado culturale. Potrei parlarne per pagine e pagine; mi soffermo solo ad enunciare il titolo, ripromettendomi di coinvolgere anche altri colleghi per parlare di questo argomento. Di conseguenza dovremmo riparlare degli effetti poco costruttivi delle aspettative/reali competenze che l’Università, con le lauree brevi, ha generato nei giovani.
Arrivano,pertanto, impreparati fin dall’inizio. E qui, altro spartiacque tra le aziende che si curano delle persone, curano l’ingresso in azienda, l’accompagnamento formativo pratico e culturale, che dedicano tempo a questa fase, a dir poco cruciale, e quelle che si limitano a provare e vedere chi resiste e chi no..
Ma anche i candidati stessi spesso rimangono in attesa (quindi non si attivano nella ricerca e nella formazione ) che qualcuno/a li chiami per il loro lavoro, poco flessibili ed alle prime difficoltà, crollano in fallimenti personali difficili da riprendere
Poi, non ultimo, il nostro sistema che da anni parla di “riforme del lavoro”, continua a generare modelli per facilitare le assunzioni sempre troppo limitanti, senza concentrarsi, a mio avviso, sugli unici tre punti chiave che cambierebbero il nostro mondo lavorativo:
- diminuire per tutti (lavoratori ed aziende) l’impatto del mero costo del lavoro sulle retribuzioni (soprattutto in modo significativo per i neoassunti senza esperienza –non solo i più giovani d’età!! I neoassunti (anche cinquantenni in nuove attività!)
- concedere sgravi fiscali per la formazione sia del singolo che per le aziende.
- Valutare – come per ogni altro lavoratore – dal punto di vista professionale – le reali capacità dei docenti di scuola superiore ed universitaria,(senza nulla togliere alla cultura generale)
Banale? Può darsi, ma sono convinto che con questi tre semplici interventi sia le aziende che i lavoratori, che i neo diplomati/laureati si sentirebbero meno spaventati rispetto agli investimenti che ognuno deve fare per la sua parte.
Il fattore “tempi/costi” sarebbe ridotto, attenuato. Credo fortemente che i blocchi nel mondo del lavoro, sia dei singoli che per le aziende, siano provocati dalla ”paure di perdere tempo” cioè di “investire” inutilmente tempo e denaro per la formazione, per l’inserimento, la cura e la crescita dei soggetti in nuove attività
Troppe persone ho visto passare sotto i miei occhi completamente bloccati dalla paura. Io non ho nessun potere rigenerativo; continuo sulla mia strada, nella convinzione personale che ognuno di noi, di tanto in tanto dovrebbe fermarsi, prendersi del tempo, riprendere la bussola della propria vita sia privata che professionale, fare una serena e profonda autoanalisi e, perché no, legittimarsi i punti forti, migliorare serenamente i propri punti deboli, tentare strade e percorsi per cogliere le opportunità che questo mondo ci propone, conoscere la propria paura ed allontanarla un po’ dalle minacce.
Come vedete la crisi è figlia di un disorientamento sociale. (torno spesso su questo argomento) Acculturamento personale continuo , ricerca di nuove informazioni, nuove iniziative,nuove strade, innovazione, un sano riposizionamento sociale e non schematico, recuperare una dimensione umana nostra, vera autentica … serve altro ??’non credo ma come si potrà notare così ci sarà sempre la persona al centro e non il sistema economico fine a sé stesso!
Ma… io rispondo ad almeno 3 annunci settimanali da anni e non sono riuscito mai ad avere almeno un colloquio… eppure chi ha puntato su di me, reperendo informazioni sul territorio o attraverso conoscenze nel settore, e sulla mia esperienza non è rimasto mai deluso. Negli ultimi anni ho fatto contribuito a tre nuove start up con soddisfacenti risultati ma non è cambiato niente…
caro “viscido(??)”. capisco il suo disagio. ma questo è davvero un paradosso. infatti nell’articolo scrivevo che non c’è intesa comunicativa e di bisogni reali tra la domanda e l’offerta. So di persone come lei ma, mi creda anch’io faccio più fatica di un tempo. ho solo fatto un breve macro elenco di cause …. non le ho scritte altre che ritengo importanti. lei solleva indirettamente il caso delle “referenze” (all’estero molto in uso) in Italia no, tranne confonderle ed utilizzarle come “raccomandazioni”ma con altri obiettivi!!! si ricorda? Disorientamento sociale!! teniamo duro e vedrà che ci riusciremo.
Carissimo Gennari,
Per completare quanto scritto, aggiungerei : una università con più pratica, stage in azienda, laboratori, che si interfacci alle attività produttive e di ricerca calando i suoi studenti nella difficile realtà lavorativa odierna.
Una riforma generale della tassazione del lavoro che dia un costo inferiore ai prodotti della nostra industria e renda questi prodotti più concorrenziali nel prezzo, penso che la qualità ormai ci sia.., permettendo alle aziende di riguadagnare quote di mercato e di richiedere quindi più forza lavoro…. etc. etc…magari lasciando le tasche dei lavoratori qualcosa di diverso di 80 euro a pioggia, ma dando una prospettiva a chi il lavoro l’ha perso ….
Da qui in avanti diventa poi politica sociale…. quindi chiuso.
saluti Br..andy
caro Brandy …. grazie per il commento: assolutamente d’accordo. per far ripartire il mercato del lavoro dobbiamo lasciare qualche soldo in più sia in tasca alle aziende purché li reinvestano nelle persone(per esempio ti lascio sgravi contributivi se quei soldi li reinvesti in nuove assunzioni) ed ai lavoratori(ti lascio soldi in tasca se li usi per formati).ma anch’io mi fermo, altrimenti rischio di fare politica “gratuita”.buon lavoro!!! sul fatto che un possibile sgravio fiscale possano incidere sul costo del prodotto finale …capisco ma credo possa risultare più difficile anche se possibile. Grazie