Nei miei rituali del weekend non tolgo mai spazio alla lettura dei giornali. Sono un romantico, che ha bisogno ancora della carta, del contatto fisico con lo strumento. Se durante la settimana, per questioni di tempo, leggo velocemente – al mattino – i titoli dei giornali attraverso i loro siti, decidendo se e quando approfondire alcune notizie, nel fine settimana, invece, come dicevo , mi fermo un po’ e cerco quanto meno di “prendermi il tempo” necessario per sfogliare alcuni giornali.E così facendo, mi capita di leggere titoli ed articoli a dir poco curiosi. Provo a farvi un esempio,in quanto, proprio oggi , mi è capitato un tema di attualità, letto su un quotidiano locale, nella pagina dell’economia, che mi ha favorevolmente colpito. Il tema riguarda il mondo del lavoro, dove è stata ripresa un’affermazione di Nolan Bushnell, fondatore di Atari e che ha rivoluzionato il mondo dei video-games in cinquant’anni di lavoro e, tempo fa, ha lanciato un certo …..Steve Jobs.
Questa l’affermazione: “Aziende, ignorate i titoli, scegliete i fuori di testa …. “ Per chi volesse approfondire segnaliamo il suo nuovo libro “Chi sarà il prossimo Steve Jobs? Come trovare un talento in azienda e farlo crescere! ” Uscirà in Italia il 28 aprile edito da Hoepli. (ovviamente sarà mia cura acquistarlo, sono sicuro che lo troverò davvero utile). Parto da questa provocazione: “scegliete i fuori di testa” e provo ad immaginare alcuni miei clienti. Devo dire che in alcune recenti selezioni mi ritrovo molto in questa affermazione.
Ovviamente il primo screening dei Cv che ricevo, è puramente basato sulle caratteristiche minime indispensabili ( titoli di studio, master, competenze tecniche professionali ed esperienze nei vari settori specifici ). Successivamente i miei colloqui sono spesso orientati a valorizzare gli aspetti relazionali e di imprenditorialità futura. Devo ammettere che durante la terza fase, vale a dire colloquio tra datori di lavoro, selezionatore e candidato, i miei clienti sono sempre più attratti dalle capacità relazionali che i candidati stessi sanno mettere in campo in quel momento. E guarda caso, ad essere presi in considerazione, sono i più eclettici, i più “originali”, quelli un po’ controcorrente che sanno esprimere passione e voglia di mettersi in gioco anche con scelte meno razionali …. appunto, un po’ da fuori di testa …. Ultimamente stanno aumentando i casi di persone sempre meno formali.
Forse è un nuovo “linguaggio” che si sta facendo avanti. La nostra capacità sarà quella di sapersi adattare anche a queste nuove tecniche relazionali. Noi “adulti” dobbiamo saperci mettere in discussione, giocando con le nuove generazioni “informali-digitali”. Ho visto fenomeni davvero interessanti. Il libro di cui sopra tratta anche altri temi,tra i quali “l’ottimismo e l’entusiasmo;” sappiamo che molte aziende “vecchie dentro” lo reprimono e quindi spengono la creatività e di conseguenza le opportunità di innovazione e di nuove visioni del mercato. Questa affermazione mi ha evocato un altro libro letto – dal titolo che più chiaro non si può – “Come sopravvivere nell’era digitale”di Tom Chattield – Edizioni Guanda – nel quale l’autore racconta della sua visita fatta nel ”recente” 2010 al quartier generale di Google, azienda nella quale lo stesso è stato consulente. Descrive come lavorano i dipendenti tra svaghi e momenti di produttività, in un “campus” definito come esperienza “totale”. Tra gli uffici vi sono campi di basket, beach volley, palestre, cortili soleggiati, gadget di ogni genere, benefits di ogni tipo, dalle lavanderie alle mense con la possibilità di consumare fino a tre pasti al giorno.
In questo clima di entusiasmo, persone anche meno giovani, si ritrovano in un “situazione ambientale” in cui formalità ed informalità si mescolano, creando i presupposti per far emergere le loro idee migliori senza barriere; dipendenti trattati non per quello che rappresentano solo nei propri titoli di studio, ma per quello che realmente sono come persone …… anche un po’ fuori di testa
“Senza gerarchie al lavoro” di Ricardo Semler, da questo punto di vista può essere illuminante per gli imprenditori, peccato che poi prevalgano le consuetudini e tutto rimanga solo nelle intenzioni, solo di qualcuno ovviamente.
Cordialità!
Grazie per la segnalazione. Ho letto velocemente la trama del libro (che ho subito ordinato e spero di leggere al più presto). Il titolo – e la trama- mi hanno incuriosito molto! Condivido che non è del tutto facile ma servono esempi di potere diverso, e non solo l’azione del potere coercitivo! Autorevoli e non autoritari! Ho avuto la fortuna di incontrato manager illuminati nel cambiamento. Ci sono, sono ancora pochi, ma per fortuna ci sono! Grazie ancora signor Fabio!
Il titolo di studio porta, ma non sempre, una buona cultura generale che deve comunque essere supportata in seguito anche di esperienza professionale.
Tutto questo decade nel momento in cui la fiammella della “passione” non attizza e il proprio lavoro viene svolto solo ed esclusivamente con fini economici. Personalmente ho sempre cercato di trasmettere la passione che ho per quanto riguarda la mia attività svolta in precedenza nell’ambito della GdO, ma soprattutto in fase di colloqui ho trovato sempre personaggi con master e lauree “pesanti” ma freddi di fronte al termine passione.
Purtroppo dott. Gennari il ns. Paese non rientra in casi da quelli descritti e, non per passare da pessimista, non vedo segnali di miglioramento.
Caro Giovanni. Grazie per il suo intervento. Leggo con piacere che lei si preoccupa di ricercare persone “calde dentro” – oltre ai doverosi titoli e alla necessaria esperienza – Complimenti!!
Concordo con lei – soprattutto in questa fase socio-culturale – che non è per niente facile. In fase di selezione escluderei questa possibilità. Il candidato – lo dico grazie ad anni di esperienza nel settore – non è mai a suo agio in termini psico-socio attitudinali. Mi sento di affermare che o tra i primi 60 giorni ed i primi due anni, tutto potrebbe succedere. quindi dipende molto dal contesto dove il soggetto opera. E che bisogna dotarsi di strumenti che aiutino questa fase.
Come giustamente riporta Giovanni, il titolo, porta comunque una buona cultura generale, anche se, il problema vero, tutto Italiano, è che quasi tutte le Aziende, assumono in base ad una laurea, ma poco valutano il “talento” dell’ individuo.
Al di fuori dall’Italia la cosa cambia.
Si valuta davvero la persona e le sue qualità, in merito a ciò che dovrà effettivamente svolgere.
Nelle Aziende estere, chi assume, assume per davvero e cerca professionisti capaci, mentre da Noi, a volte esserlo troppo, può essere controproducente.
Cordiali saluti
Antongiulio buongiorno. Anche a lei grazie per il suo intervento. Ovviamente il titolo porta con se cultura tecnica e generale necessaria per l’inizio di un rapporto. Servono anche competenze trasversali che, come scrivo da tempo, concentrano molto l’attenzione sulle competenze relazionali e quelle legate all'”empowerment” della persona (mi scusi il termine inglese ma non trovo una traduzione adeguata). Si può capire da un colloquio la tendenza e la propensione verso queste competenze che riguardano l’essere e il divenire del soggetto. Ovviamente serve tempo per misurarle e qui, Italia o estero che sia, serve tempo. Forse in Italia siamo poco “preparati” su questi aspetti. La mia esperienza le conferma che le soluzioni e gli strumenti ci sono. Vanno ricercati ed attuati con volontà e continuità. Le confermo che dove questo metodo è stato applicato i risultati ci sono stati. Gli imprenditori o manager sono spesso affascinati da queste doti, anche quelle un po’ “fuori di testa” come dicevo. Io sono un ottimista e continuo a credere che prima o poi anche in Italia faremo un deciso scatto in avanti … se non altro per sopravvivere!!!! buon weekend e grazie ancora!