Si parla tanto di M5S in politica, ma che cosa pensa in tema di GDO questo schieramento politico che sta tenendo sotto scacco tutta la vecchia guardia della politica nazionale? Le poche cose che si sapevano sino ad oggi, in tema di politica economica, era che il Movimento doveva avere delle intenzioni di tipo liberista. Ebbene si confermano le intenzioni dei grillini di voler tutelare il piccolo commercio a scapito della grande distribuzione. Ecco la posizione dei 5 Stelle: “No alle aperture domenicali selvagge dei negozi, sì al sistema a rotazione ridando un ruolo a Regioni ed Enti locali nella programmazione a tutela dei lavoratori e piccoli commercianti che oggi sono schiacciati dalla grande distribuzione”. E’ l’obiettivo di una interpellanza al ministro dello Sviluppo economico presentata al Senato e alla Camera dal Movimento 5 stelle, primi firmatari Michele Dell’Orco e Adele Gambaro. Un ruolo maggiore per la programmazione di regioni ed enti locali. “Partendo dal rispetto del referendum del 1995, dove il 62,5% dei cittadini si espresse contro la liberalizzazione totale degli orari nel commercio, i deputati e senatori a 5 stelle – si legge in un comunicato – chiedono quali iniziative il Governo intenda mettere in campo per ‘riconoscere nuovamente il ruolo centrale delle Regioni e degli Enti Locali nella programmazione commerciale e nella organizzazione degli orari per tutelare i piccoli commercianti, che non riescono a reggere il confronto con la grande distribuzione’”. La proposta avanzata dal Movimento 5 Stelle è quella di “creare un meccanismo di rotazione delle aperture domenicali, che preveda un numero massimo di festività lavorative, in un anno equivalente a 12 o 13, rivolto alla piccola, media e grande distribuzione”. Una proposta, quella presentata dai parlamentari del Movimento 5 Stelle, che tutela i piccoli esercenti ed i lavoratori del settore “lasciando comunque la possibilità al cittadino di fare la spesa alimentare tutte le domeniche”. Noi di GDONews abbiamo da tempo espresso il nostro pensiero sul tema: l’errore di fondo è pensare che la libertà degli orari equivalga a dire aperture domenicali. Nei Paesi con larga tradizione liberista, come l’Inghilterra, le aperture domenicali sono previste, ma i giorni della settimana non hanno tutti il medesimo orario, sono aperti talvolta di sera, talaltra la mattina presto, insomma ogni “piazza” ha la sua esigenza ed in tal maniera andrebbe interpretata la regola. Ma noi italiani, siamo famosi per “giocare in difesa” e non “all’attacco”, chiudiamo bene gli spazi creati dalla concorrenza ma facciamo più fatica a creare soluzioni alternative.
M5S e la GDO: liberali si, liberali no
Dott.ssa C. Grillo
Di formazione giornalistica, esperta in comunicazioni di massa.
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Sono pienamente d’accordo con il M5S e aggiungo che c’è bisogno di rivalutare l’economia e la produzione locale a kilometro zero, il made in Italy deve essere aiutato con sgravi fiscali e sburocrattizzato…. le multinazionali non devono usare le denominazioni delle produzioni tipiche italiane faccio l’esempio delle “lasagne alla bolognese findus” che non hanno niente di italiano o i vini come il Chianti , il Barolo ecc fatti con le polverine … Se questa è la politica dell’Europa che a noi ci impone costosi e svariati controlli per poi permette alle multinazionali di frodare tranquillamente i cittadini allora è meglio uscirne altrimenti ci ritroveremo solo macerie !
Secondo me in certe località l’apertura domenicale spalma su sette giorni il fatturato che si potrebbe ottenere in sei.
Non conosco i numeri ma a ‘naso’ mi pare cosi.
Certo che è così !
In questa materia ci dovrebbe essere una regolamentzazione nazionale e non regionale, pena il sistema arlecchino, concordo con quello che scrive la dr.ssa Grillo.
Mi affascina capire come si pensa di fare un’economia a km0? economia che solo i ricchi si possono permettere, e che avrebbe come impatto un generale peggioramento delle condizioni alimentari della popolazione.
Tanto per fare un esempio, la verdura fresca e la frutta a km0, d’inverno significa, togliere dagli scaffali il 90% dell’assortimento, l’autoproduzione in molti luoghi non sarebbe soddisfacente ed i prezzi salirebbero alle stelle.
Io di Chianti e Barolo fatti con le polverine sarei curioso di conoscere chi e come, poi proprio in quel settore e Regioni, multinazionali estere in Italia non ci sono, c’erano però i nostri piccoli produttori che facevano il vino al metanolo; a km0
Il problema non è la possibilità di aperture domenicale ma il fatto che i manager non capiscono che si tratta di un opportunità e non di un obbligo, e siccome non sono capaci di decidere scelgono l’opzione difensiva “nel dubbio tengo aperto”.
Sono perfettamente d’accordo.
L’equazione però è ancora peggiore: come dici giustamente “nel dubbio resto aperto, così non decido e così non do alibi” ma allo stesso tempo la domenica deve avere un impatto di costi molto basso e quindi via libera a negozi dove la presenza di personale è abbondantemente sotto la soglia di copertura base per avere un servizio e dove gli operatori diventano sempre più personale “non di ruolo” (cooperative, lavoro interinale, stagionale, specialisti di altri settori prestati a coprire un buco o l’altro ecc ecc).
La domenica di apertura, almeno nel milanese, sempre di più sta passando da opportunità ad autentico fardello, per i clienti, gli operatori e i lavoratori.
Pienamente d’accordo con M5S. Necessario tutelare la piccola e media impresa. 12/13 domenica anno di apertura da fruire liberamente nell’arco dell’anno, e nessuna festività. Non riporterei la competenza alle Regioni, ma farei una legge univoca, chiara e seria Nazionale!(Eccezzioni x zone turistiche e d’arte VERE!). Tiziana D’Andrea
Una proposta fatta in tempi non sospetti (2008) dalle organizzazioni sindacali del commercio di Modena, riconosciuta come utile base di discussione, prima da parte dell’amministrazione comunale, ed ora raccolta anche dal M5S per affrontare il tema della deregolamentazione degli orari commerciali che in oltre 16 mesi di vigenza non ha prodotto nessuna delle risposte economiche promesse dal Governo Monti