Ortofrutta, al vaglio del Governo italiano il modello francese

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Il settore ortofrutticolo si confronta con prezzi all’origine che per alcuni prodotti, nell’ultimo anno, hanno registrato incrementi a due cifre. Eppure gli agricoltori quasi non se ne accorgono, stretti come sono fra costi cresciuti, in media, del 2-3% e da un sempre più scarso potere contrattuale nei confronti della grande distribuzione che veicola oltre il 50% dell’offerta, stabilendo spesso prezzi e modalità di ritiro della merce in modo unilaterale.
Un rapporto di filiera sbilanciato riscontrabile anche in altri settori, che non a caso ha spinto l’Antitrust, nel novembre scorso, ad avviare un’indagine conoscitiva sul ruolo della Gdo nell’agroalimentare. Questo per valutare il peso delle centrali d’acquisto e delle loro marche private che, secondo l’Authority, potrebbero influire sulla formazione dei prezzi finali. Mercoledì prossimo, nella sede dell’Autorità garante, è fissata un’audizione che dovrebbe fare chiarezza in merito.
Lungo la catena ortofrutticola – un valore alla produzione di circa 11,5 miliardi di euro, di cui 3,9 realizzati all’export (+23%) e un saldo attivo dell’interscambio di quasi 1,2 miliardi – i produttori denunciano soprattutto la mancanza di trasparenza nei contratti di fornitura. Gli Stessi  portano a modello la Francia che con la legge di modernizzazione agricola, voluta in prima persona dal presidente Sarkozy (il provvedimento è in vigore da marzo), trasforma i produttori in interlocutori attivi nel confronto con la grande distribuzione.
La legge francese si ispira a principi di «moralizzazione delle regole commerciali» nella gestione delle crisi di mercato e a sostegno dei redditi dei produttori agricoli. Facendo leva su accordi interprofessionali riconosciuti dallo Stato in base ai quali le catene della Gdo, ad esempio, hanno il divieto di rispedire al mittente partite di merce avute in consegna dopo avere sottoscritto un contratto con gli agricoltori. Accordi che vengono fissati su base minima triennale con modalità, caratteristiche merceologiche e prezzi di riferimento dei prodotti da pagare in tempi prestabiliti, e che se non vengono rispettati comportano il pagamento di sanzioni.
Un modello, appunto, sostenuto dal ministro delle Politiche agricole, Saverio Romano, che nei giorni scorsi in un’audizione alla Camera ha anche annunciato una revisione del decreto legislativo 102/2005. Uno strumento pensato per rendere più trasparenti i rapporti di filiera, ma che finora è rimasto praticamente inapplicato.
Un esempio additato anche dalle organizzazioni dei produttori. «L’esperienza francese apre a una nuova stagione nei rapporti tra distribuzione organizzata e parte agricola», commenta Carmelo Vazzana, presidente di Unacoa. «I francesi hanno rotto gli indugi e con questa legge si sono posti l’obiettivo di riequilibrare i rapporti di forza a favore della parte palesemente e oggettivamente più debole», osserva Gianni Petrocchi, direttore di Uiapoa. «Certo sarà difficile traslare così il modello francese, però le regole vanno rispettate», aggiunge Ambrogio De Ponti, presidente di Unaproa.
«Per quanto ci riguarda – replica Claudio Gamberini, responsabile ortofrutta Conad – rinnoviamo annualmente gli accordi con i produttori attraverso contratti quadro, dove vengono definiti tempi di pagamento, modalità di arrivo della merce, di condizionamento ed eventuali premi qualità»

[via IlSole24Ore]

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