Nelle ultime due settimane gli eventi della Libia hanno drasticamente cambiato gli scenari, già pessimi, che si andavano delineando per l’anno in corso relativamente alla escalation delle derrate alimentari e più in generale delle materie prime.
Si era scritto, nell’editoriale del precedente numero, che l’indice dei prezzi della FAO aveva raggiunto i massimi dall’anno della sua introduzione, superando i valori di crescita che si erano registrati nel 2008, e si era anche detto che l’unico elemento positivo era il fatto che nell’attuale crisi il prezzo del petrolio non aveva raggiunto i livelli ( 150 dollari al barile) dell’anno appena citato. Ebbene, a soli quindici giorni di distanza la fotografia della situazione è tutta da riscrivere per gli eventi nordafricani in corso.
La crisi nordafricana in atto, non soltanto in Libia, è decisamente preoccupante, non solo per i nuovi equilibri politici che si andranno a porre in essere nel bacino del mediterraneo, ma perché l’effetto di aumentare il prezzo del greggio di circa il 14% si è già ottenuto con un picco di 119 dollari al barile. Le quotazioni sono scese sotto i massimi soltanto all’annuncio di un aumento della produzione da parte dell’Arabia Saudita. Tuttavia, alcuni analisti (come la Nomura) ritengono che se si dovessero fermare del tutto le esportazioni nordafricane, i prezzi potrebbero salire fino a 220 dollari al barile,se l’aumento si arrestasse qui, invero, i rischi sarebbero limitati, ma questa ipotesi sembra più che un sogno.Ma se si avverasse la prima ipotesi il problema sarebbe serissimo ed avrebbe un nome ben definito: crisi ulteriore, grossa recessione. Secondo Confcommercio uno scenario del genere produrrebbe effetti inflattivi sui prodotti alimentari di circa il 10%, con un ulteriore contrazione dei consumi, in questi giorni il Governatore della Banca d’Italia Draghi ha spiegato che un ulteriore incremento del 20% del greggio causerebbe un automatico decremento dello 0,5% del PIL in tre anni.
Siamo messi bene.Quello che sta succedendo nei paesi che si affacciano sul mediterraneo non può essere figlio di una rivoluzione che ha solo matrice politica. In tutte le grandi rivoluzioni della storia l’effetto scatenante è sempre quello economico. La mal distribuzione delle ricchezze, portata avanti per lungo tempo porta inevitabilemte al punto di rottura: oramai io uomo, non ho più nulla da perdere quindi libero la mia rabbia. E quando molti uomini, liberano la loro rabbia,la loro disperazione a volte succede il miracolo: da uomini diventano popolo, non più fiume di lana belante, ma marea rabbiosa e coscente di partecipare a qualcosa che succede una sola vota nella vita.
L’occidente e in generale le potenze industriali hanno sottovalutato questo fattore, hanno pensato e continuano a pensare che le ricchezze del mondo sono a proprio uso e consumo, basta avere i soldi per pagarle. Abbiamo mai riflettuto che oramai da qualche decennio, viviamo una falsa ricchezza? Abbiamo mai pensato che ostentiamo più di quanto possiamo? Ci siamo mai posti la domanda le nostre belle città sono oramai abitate sempre più da gente che ha perso gli affetti, la famiglia, il lavoro e loro malgrado ( e nostra colpa) anche la disgnità di cittadini?
Pensare che in Libia potrebbero essere tutti ricchi …. 6 milioni di abitanti … petrolio 2 milioni di barili al giorno , gas svariati milioni di barili al giorno…. la ricchezza non viene distribuita per colpa di un dittatore .