Il Buono Pasto è un business più grande di quello che si può immaginare, talmente grande che rischia di bloccarsi. A lanciare il grido d’allarme sulla “tenuta” di un meccanismo che fa mangiare ogni giorno circa 2,2 milioni di lavoratori è stato Aldo Cursano, il vicepresidente della Fipe, la potente associazione dei pubblici esercizi che aderisce a Confcommercio. Già oggi, infatti, importanti catene della ristorazione, come Mcdonald’s, non accettano i buoni pasto così come non vengono accettati da Gruppi della GDO come Esselunga, ed anche per alcune grandi cooperative aderenti a Coop. Quanto al colosso francese Carrefour starebbe meditando se continuare ad riceverli o meno. Questo perché, nonostante il business sia di sicuro interesse sotto il profilo del fatturato, per la grande distribuzione però il ticket si rivela sempre più spesso come una fonte di perdite. “In realtà”, accusa Cursano, “ormai i buoni pasto sono diventati una sorta di strumento finanziario. E chi ci rimette sono da una parte i lavoratori e dall’altra noi esercenti”. Il sistema entra in funzione in seguito ad una gara indetta da un’azienda e vinta da una società emettitrice di ticket. Quest’ultima per vincere la gara deve offrire un sconto. Ad esempio se il buono ha un valore di 5 euro potrebbe aggiudicarsi la commessa a quota 4 euro. Per recuperare lo sconto la società applicherà una commissione all’esercizio convenzionato dove lo stesso ticket può essere speso. E’ a questo punto che un sistema valutato 2,5 miliardi di euro all’anno entra in crisi. Secondo la Fipe, infatti, la commissione è così alta e il rimborso del ticket stesso da parte della società emettitrici avviene con un ritardo tale da trasformarsi in un aggravio del 30% per ristoratori e baristi. Insomma, è come se da una parte si dovesse offrire un pasto del valore di 5 euro mentre dall’altra se ne ottengono 3,50. “A questo punto”, spiega Cursano, “il buono pasto si trasforma in una sorta di bond”. L’analogia è azzeccata: i ristoratori, infatti, cercano di disfarsi al più presto dei loro ticket, magari usandoli al supermercato per rifornirsi di prodotti alimentari. Oppure girandoli ad altri intermediari, magari non sempre limpidissimi. Si innesca, quindi, una corsa affannosa per non restare con il cerino in mano. Perché tutti sanno che entro la fine dell’anno il ticket dovrà essere messo all’incasso e che il prezzo risulterà sensibilmente inferiore rispetto al “valore facciale”. In questo quadro il progressivo irrigidimento dei supermercati che non vogliono continuare a perdere quattrini potrebbe mettere in crisi l’intero sistema. L’aspetto paradossale è che il padrone più occhiuto, quello che con la sua forza contrattuale sta portando il mercato dei ticket al ribasso strappando sconti sempre più consistenti è la Consip, cioè lo Stato che da solo tratta ogni anno circa 600 milioni di euro di ticket.
Quanto alla soluzione Carlo Pileri, presidente di Adoc, (Associazione difesa e orientamento dei consumatori) chiede da una parte di difendere il valore del ticket frutto di una trattativa sindacale. E dall’altra di garantire qualità e quantità delle prestazioni offerte a fronte del buono pasto. “Basta con i negoziati al ribasso”, conclude Cursano, “se vogliamo difendere il sistema le gare devono vertere sulla qualità del servizio salvaguardando il “valore facciale” del ticket”. Noi di GDONews, alla luce del fatto che l’utilizzo di buoni acquisto è una pratica largamente in uso all’estero ( non il ticket del buono pasto!) consideriamo la possibilità di trovare soluzioni diverse dal pagamento in contanti una necessità della Grande Distribuzione per aumentare il volume d’affari, ma bisogna cercare strade che siano compatibili a livello di costi, perché drogare i fatturati ( ci sono casi nella storia di Gruppi che emettevano buoni da cinque euro per drogare fatturati allo scopo di essere più appetibili e costosi alla vendita immediatamente conseguente) per non avere ritorni economici non ha senso in un periodo di bilanci consolidati da risollevare. Oggi i buoni pasto sono una fonte di fatturato straordinaria per chi li accetta ma oramai la sua sostenibilità sta vacillando definitivamente.
Edenred Italia, presente nel mercato dei buoni pasto con il marchio Ticket Restaurant, intende fornire il proprio punto di vista nel dibattito presente nei media in queste ultime settimane riguardo i buoni pasto, con particolare riferimento alla posizione presa dalla Fipe a causa delle elevate commissioni praticate dagli emettitori e dei ritardi nei tempi di rimborso.
Edenred ci tiene a sottolineare che questi problemi non riguardano in nessun modo il marchio Ticket Restaurant. Nella gestione del servizio, Edenred presta da sempre massima attenzione a tutti gli attori della filiera, in particolare agli esercenti, partner fondamentali per l’erogazione del servizio, ai quali vengono garantiti tempi di rimborso puntuali, trasparenza e correttezza amministrativa, nonché le commissioni più vantaggiose tra quelle presenti nel settore.
Per questo Edenred invita tutti gli esercenti a esprimere il loro gradimento verso le aziende corrette e a indicare i nominativi di quelle con le quali hanno difficoltà a lavorare.
Inoltre, Edenred da tempo chiede una revisione del quadro normativo volta a correggere le attuali distorsioni e a riportare dinamiche più corrette nel mercato dei buoni pasto.
Maggiori informazioni su http://www.edenred.it
Ma a quali prezzi!!!!!!
Endered si arricchisce stampando ticket come la BCE stampa euro.
Marco da bologna
Ho sempre pensato che Ticket Restaurant(Accor o Edenred come la vogliamo chiamare) fosse l’azienda leader del settore non solo per volume d’affari ma anche per la correttezza amministrativa, ma gli ultimi sviluppi mi stanno delineando un quadro diverso, sia per l’aumento delle commissioni che per alcuni insoliti incidenti. In ogni caso il “buono pasto” è un problema serio che meriterebbe delle prese di posizione altrettanto serie da parte di “tutti” noi esercenti.
E’diventato veramente insostenibile per noi esercanti continuare ad’accettare i buoni pasto, nati per spenderli per sostituire il pasto fuori casa per quei lavoratori che ne hanno la necessità, invece è finito che i bar le rosticcerie le trattorie pur con margini di utile molto più elevato dei supermercato non li accettano più, per cui diventano un mezzo
per andare a fare la spesa nei supermercati che per non perdere questa opportunità di aumentare il prorio fatturato che dopo aver fatto quattro conti ci si accorge che è solo perdita.
Le commissioni delle maggiori ditte di buoni pasto chiedono una commissione che và dal 10% al 15% quando questi spesso vengono utilizzati per acquistare prodotti in offerte speciali “vedi volantini” dove i margini sono a zero, spesso sotto zero, in questi casi i conti non tornano.
Tutti gli esercenti dovremmo non accettare più buoni pasto , almenochè non si abbassano le commissioni almeno non più del 5% e i pagamenti non superino 30 giorni dalla data fattura.
Questo è il mio pensiero.
Cordiali saluti a tutti.
Filippo Speciale.
bu
Prima di tutto, a nome di Edenred, ringraziamo tutti coloro stanno partecipando attivamente a questo dibattito, cui ovviamente teniamo molto, e che crediamo possa contribuire a creare una cultura della trasparenza in questo settore.
Dal nostro punto di vista, gli effetti distorsivi sul mercato dei buoni pasto sono causati dalla presenza, in pratica, di un solo compratore che, non solo fissa l’entità dell’acquisto, ma di fatto causa una definizione dei prezzi diversa da quella che sarebbe generata dalla libera concorrenza. Faccio riferimento a Consip, società del Ministero dell’Economia e delle Finanze che effettua gli acquisti per la Pubblica Amministrazione, emette da anni gare d’appalto di importi molto elevati per l’acquisto dei buoni pasto per il personale pubblico. L’ultima gara ammonta a 820 milioni di euro, suddivisi in sei lotti.
La logica del massimo ribasso legata a tale appalto, ha portato un abbassamento della qualità del servizio nel settore e una perdita dei margini per i ristoratori convenzionati. Infatti, le economie che gli operatori aggiudicatari offrono allo Stato, sotto forma di sconto, vengono da questi recuperate sul mercato e, in particolare, sulle spalle del commercio di prossimità.
Sarebbe necessario un nuovo quadro normativo, che stabilisca regole certe e trasparenti, premiando chi opera in modo corretto e nel rispetto di tutti gli attori della filiera del buono pasto.
Partendo da questa necessità, come Edenred stiamo cercando di attivare un dibattito tra tutte le parti in causa per spingere il settore verso il cambiamento e verso una gestione più trasparente di tutte le transazioni… Ed è anche attraverso discussioni come questa che si può contribuire, tutti insieme, al cambiamento.
Edenred Italia
Un’idea semplice ce l’avrei ….. accettare i buoni pasto (per non perdere il cliente) ma con una maggiorazione equivalente alla commissione …. ovvero la commissione la paga il cliente e il negoziante non ci rimette !
Non per altro , ma quando un professionista fa una fattura , le spese accessorie che lui sostiene per nostro conto vengono fatturate regolarmente con una voce a parte e non vanno a cadere nella voce prestazioni professionali …. A questo punto non vedo cosa ci sia di male mettere sullo scontrino una maggiorazione del 10% sul ticket con la causale : costi di commissione ! Poi sarà il cliente a scegliere se spenderli al supermercato o al ristorante !
Un’idea semplice ce l’avrei ….. accettare i buoni pasto (per non perdere il cliente) ma con una maggiorazione equivalente alla commissione , oppure detraendo dal buono pasto il costo della commissione. ovvero la commissione la paga il cliente e il negoziante non ci rimette !
Non per altro , ma quando un professionista fa una fattura , le spese accessorie che lui sostiene per nostro conto vengono fatturate regolarmente con una voce a parte e non vanno a cadere nella voce prestazioni professionali …. A questo punto non vedo cosa ci sia di male mettere sullo scontrino una maggiorazione del 10% sul ticket con la causale : costi di commissione ! Poi sarà il cliente a scegliere se spenderli al supermercato o al ristorante !