Abbiamo deciso di pubblicare un articolo sui rapporti tra GDO e Mafia nella Regione Sicilia. L’articolo è un estratto della requisitoria del Procuratore Generale del Tribunale di Catania Gaetano Siscaro, che svolge la funzione di Pubblico Ministero, nel processo che vede come imputato il Patron del Gruppo Aligrup, Sebastiano Scuto. E’ quindi necessario precisare a chi legge l’articolo che si tratta di una tesi dell’accusa sopra cui dovrà deliberare l’organo giudicante, una volta sentite anche le tesi difensive. Inoltre si tratta di un processo di Primo Grado, la cui decisione, quindi, potrà essere rivista nei successivi gradi di giudizio. Questa opportuna precisazione deve essere fatta per non indurre in errore il lettore, la lettura della requisitoria del PM non è la verità dei fatti, sono i fatti descritti secondo una parte del processo. Aligrup è leader nel format supermercati nella Regione, ha location molto buone ed applica una politica di prezzi ed assorti mentale di buona qualità. E’ sempre stata fedele alle logiche delle Supercentrali di appartenenza senza far mai trasparire una gestione “ballerina” tale da far dubitare della bontà del lavoro dei suoi manager, al contrario chi viene dal nord, come il sottoscritto, ha sempre trovato davanti a sé una società evoluta in termini manageriali. Ovviamente raccontiamo il nostro piccolo punto di vista e con ciò non vogliamo smentire ciò che viene descritto nelle righe di cui sotto, solo dare la nostra visuale. Buona lettura.
“Sebastiano Scuto rappresentava l’imprenditore importante e pulito attraverso il quale i clan intendevano investire nella grande distribuzione gli ingenti profitti dei loro traffici”. Ad affermarlo è stato il pg di Catania Gaetano Siscaro durante la sua requisitoria al processo per associazione mafiosa a carico del “Re dei supermercati” Despar della Sicilia orientale. Durante la sua esposizione il Pg, che in questo caso svolge il ruolo di pm essendo un procedimento di primo grado, ha ricostruito la nascita dell’Aligrup di Catania, la piattaforma di distribuzione del marchio Interspar più grande dell’Italia meridionale, di proprietà della famiglia Scuto. Il “Gruppo” che ancora oggi, attraverso il figlio Salvatore Scuto, siede nel consiglio di amministrazione del comitato direttivo della Despar Italia.
Ripercorrendo le prime fasi dell’inchiesta, Siscaro, ha parlato di un progetto nato tra l’89 e il ‘92 dietro input del “fiore” della mafia catanese ed ennese: i Santapaola, gli Ercolano i Laudani e i Madonia. L’investimento era stato deciso e programmato durante quattro riunioni a cui, oltre ai vertici mafiosi, avrebbe partecipato lo stesso Scuto, accompagnato da un tecnico del settore, e da Gaetano, “Tano”, Laudani al quale l’imprenditore sarebbe stato legato da tempo: Prima come estorto poi come amico.
“C’era l’esigenza di investire e riciclare gli ingenti profitti dei traffici illeciti dei clan – aveva rivelato il pentito Francesco Pattarino, nipote di Nitto Santapaola – e c’era anche l’esigenza di “rientrare” dalle perdite della SuperEsse”. Un’impresa di proprietà di Aldo Ercolano (il “ministro degli Esteri, dell’Economia e dell’Interno di Nitto Santapaola”) che aveva ricevuto liquidità da parte dei Santapaola e poi era finita sotto i riflettori della magistratura. Fu allora che i boss decisero di ragionare in grande. D’altra parte i Laudani “avevano già investito in Aligrup” e la cosa gli era andata bene. Così, dopo aver messo in rassegna tutti gli imprenditori candidati, la scelta definitiva era caduta sull’impresario di San Giovanni La Punta. Da quel momento i Santapaola, “con la regia di Ercolano”, decisero di investire “massicciamente nell’Aligrup” creando un grande polo di distribuzione alimentare, che avrebbe dovuto assorbire o acquistare piccoli supermercati da inglobare all’interno del circuito Despar di Scuto.
Il progetto iniziale in realtà prevedeva una colossale truffa da 12 miliardi che avrebbe di fatto provocato la chiusura dell’impresa dopo appena due o tre anni di attività.
Secondo Pattarino la frode era così articolata: “acquistare una quantità enorme di prodotti; pagare le prime forniture, non pagare la maggior parte delle forniture e quindi omettere il pagamento andando verso un fallimento pilotato”. L’investimento però era andato così bene che la bancarotta alla fine non si era più resa necessaria. A raccontare i risvolti di questa storia erano stati altri due esponenti che avevano partecipato alle prime riunioni. Loro sono Malvagna, nipote di Giuseppe Pulvirenti “U Malpassoto”, ex capogruppo dei clan Misterbianco e S.Pietro Clarenza, e Calogero Pulci ex autista e guardaspalle di Giuseppe Madonia. Questi in particolare nel 1999, dopo essere stato arrestato in Francia ed estradato in Italia, aveva incontrato nel carcere di Viterbo Eugenio Galea al quale chiese com’era andato a finire il progetto dei supermercati. Pulci si sentì confermare che l’investimento era “andato talmente bene che l’impresa si era ingrandita anche in altri paesi” della Sicilia.
Un dato, secondo l’accusa, che confermerebbe l’espansione territoriale di Scuto sotto il controllo e la protezione dell’alleanza mafiosa tra i maggiori capimafia provinciali dell’isola. Infatti, come hanno messo in evidenza le indagini palermitane, l’imprenditore aprendo i suoi centri Despar a Palermo avrebbe ricevuto il placet dei Lo Piccolo che avevano brindato al nuovo patto coi catanesi di Santapaola a casa di Gaspare Caravello, nel territorio di Michelangelo La Barbera. Un’alleanza suggellata in nome dei più proficui interessi dietro la regia occulta di Bernardo Provenzano il quale, nei “pizzini” sequestrati a Montagna dei Cavalli, teneva a precisare che l’affaire Despar era un business non dei singoli mafiosi ma dell’intera organizzazione. Affare che nella Sicilia occidentale era controllato da Matteo Messina Denaro attraverso Giuseppe Grigoli, ritenuto suo prestanome e attualmente sotto processo per associazione mafiosa a Trapani. Lo stesso Grigoli con la sua piattaforma “Gruppo 6 Gdo” era socio di Scuto nella società consortile “Unica Sc/Arl” che si occupava della formazione del personale dipendente dei Cedi del Sud. Un collegamento, secondo l’accusa, sintomatico di come certi accordi occulti vengano formalizzati.
Siscaro ha parlato di “un mosaico” fatto di società e legami trasversali politici, imprenditoriali e mafiosi che hanno fatto di questo processo il più importante mai celebrato in questa parte di Sicilia, forse, volutamente dimenticata
E che l’Aligrup sia una società mafiosa, per il procuratore, è un dato assodato che emerge sotto molti altri profili. Per esempio. Uno dei tanti modi di riciclare o incrementare i proventi illeciti della famiglia mafiosa sarebbe stato proprio quello di simulare, con l’accordo dei camionisti, delle finte rapine ai carichi di alimenti che Scuto avrebbe poi rivenduto nei suoi punti vendita. Una tecnica, a detta di Pulci, che i Laudani avevano già collaudato con l’imprenditore e che, durante le prime riunioni (inizialmente si era tenuta a casa della mamma dell’ex confidente del Ros Luigi Ilardo, ndr), si era ufficializzata per incentivare l’investimento da parte degli alleati ed evitare che potessero compiersi “incidenti di percorso” ai mezzi di trasporto diretti all’azienda di Catania.
Insomma i Santapaola ci avevano visto giusto e così, sulla stessa scia, anche Piddu Madonia aveva esportato il progetto nel suo territorio.
È proprio in questo contesto che il legame societario della K&K, tra Scuto Sebastiano e Vincenzo Milazzo, “massone”, di S. Cataldo, un comune di 23 mila abitanti della provincia di Caltanissetta, diventa di estremo interesse. Perché entrambi, oltre a fondare il “Centro Olimpo” a Palermo con il “benestare” dei Lo Piccolo, avrebbero avuto in comune rapporti d’affari con la Calabria.
Secondo Siscaro non è dunque una coincidenza se, come aveva confermato anche Scuto, Reggio Calabria sia sempre stato il centro di potere dei Laudani. Se gli stessi fossero alleati dei Mancuso e se questi avessero interessi nella rete della grande distribuzione. Come non lo è nemmeno il fatto che Milazzo nella fase iniziale del suo percorso imprenditoriale volesse aprire dei supermercati con dei calabresi e che oggi Scuto e Milazzo siano soci della CenterGross Sicilia (prima CenterGross Lamezia Terme), una società che fa capo alla famiglia Ferrigno che condivide con i siciliani, attraverso una forma consortile, il Centro Olimpo di Palermo.”
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vorrei saperne di più su questo argomento vivo in Sicilia . E sapere che la mafia entra anche nei piselli surgellati ….mi spaventa l’idea che qualsiasi cosa io acquisti favorisco la mafia ….?