In questo numero si racconta ancora di cronaca giudiziaria. E’ la volta del Gruppo Alvi di Fisciano (AV) di cui si era già scritto qualche tempo fa. Proprio in occasione di quell’articolo eravamo stati sottoposti a critiche perché, si era detto, avevamo parlato di concordati e difficoltà nello stesso momento in cui l’azienda era già fallita. Si era spiegato, che il dovere di chi racconta fatti era quello di attenersi all’ufficialità delle notizie, e sebbene avessimo avuto notizie verbali circa un dissesto rilevante, si pubblicarono righe rivolte a raccontare di eventuali accordi con i fornitori e dipendenti; abbiamo già spiegato che non potevamo pubblicare ciò che era una voce, magari roboante, ma sempre di voce si trattava. Adesso siamo alle carte, all’ufficialità: dal 4 Gennaio 2010 la Procura indaga sull’ipotesi di reato di Bancarotta Fraudolenta ad opera del proprietario del Gruppo Angelo Villani successivamente alla sentenza di fallimento, il quale si dichiara, per voce del suo avvocato, disposto a collaborare. “Da parte nostra c’è la più ampia volontà di collaborare con i giudici e dimostrare che il mio assistito, per il suo ruolo di presidente della Provincia, negli ultimi sei anni non ha avuto nulla a che fare con le attività aziendali”.
Eppure, secondo i giudici, potrebbero esserci responsabilità anche dell’ex presidente nel crac – che si aggira sui 160 milioni di euro – di uno degli ex giganti della grande distribuzione. E non solo il reato di bancarotta fraudolenta, ma anche quello di truffa potrebbe venire contestato sia ad Antonia Villani, amministratrice delegata della società ora in liquidazione, che, appunto, ad Angelo Villani. Perché potrebbe essere ritenuto quell’ “amministratore di fatto” di cui il giudice fallimentare parla nelle quattordici pagine della sentenza in cui viene scritta la parola fine sull’impero di famiglia. Nella situazione fallimentare “di estrema gravità” si scrive nella requisitoria dell’accusa ci sono diverse vicende che “comprovano l’inosservanza ai propri obblighi degli amministratori di diritto e di fatto”, che tra l’altro, insieme ai liquidatori “non sono stati in grado di fronteggiare la crisi di cui avevano piena consapevolezza da tempo”.
In particolare, tra le notizie di reato segnalate alla magistratura penale vi sono vicende “attinenti l’affitto di rami d’azienda senza rilascio di garanzie idonee e senza previo pagamento ai fornitori delle merci da loro fornite alla struttura centrale dell’Alvi spa e dalla medesima smistata ai negozi poi ceduti (allo stato soltanto in gestione) con la creazione di situazioni di crisi – quantomeno finanziaria – in capo ai fornitori”.
I magistrati dovranno fare chiarezza sui motivi reali del fallimento, su quella crisi che ormai imperversava da tempo nel colosso distributivo dei Villani. Che pure aveva cercato di ottemperare in qualche modo, con 44 milioni di assegni emessi fino ad ottobre, per saldare i debiti verso i fornitori e pagare gli emolumenti ai dipendenti. Cifra che però non poteva riuscire a coprire il passivo che si era creato. Sempre nel capitolo “Notizie di reato” della sentenza di fallimento, i giudici fanno riferimento a una “vicenda di estrema gravità posta in essere dagli amministratori della società, senza alcuna consapevolezza della responsabilità connessa all’esercizio di una impresa datrice di lavoro direttamente e indirettamente a miglia di lavoratori”.
Ora toccherà capire chi i magistrati iscriveranno nelle prossime ore nel registro degli indagati.
Tutto l’articolo va bene dott. meneghini può scrivere anche che il sig.villani e’ inutile che dice che con i suoi impegni alla provincia non si occupava Più dell’azienda perché ci sono le prove che tutti i giorni si presentava in azienda xgiunta con la famosa auto blu e con puntuali riunioni con dirigenti e dipendenti quindi e’ solo questione di tempo che si saprà la verità.