In Italia i prezzi finali di frutta e verdura vedono una variazione media superiore del 200% rispetto alla produzione. Come dire che dal campo alla tavola i prodotti ortofrutticoli arrivano a costare duecento volte di più. E’ il dato che emerge da un’indagine condotta dall’Antitrust e citata dal presidente Antonio Catricalà nel corso di una audizione condotta alla fine di luglio di fronte alla commissione Agricoltura della Camera dei deputati sui prezzi del settore agroalimentare. Lo studio dell’Autorità garante della concorenza e del mercato sottolinea i problemi connessi alla lunghezza della catena distributiva. I risultati dell’indagine conoscitiva sulla distribuzione agroalimentare conclusa nel 2007 danno conto di come in Italia nel settore dell’ortofrutta la catena distributiva sia decisamente lunga: in media più di 2,5 intermediazioni tra produzione e consumo finale, ”con la conseguenza che i prezzi finali sono in media superiori del 200% rispetto ai prezzi alla produzione”. La soluzione individuata dallo studio è quella di ”favorire un accorciamento della catena distributiva, come una regolazione maggiormente concorrenziale dei mercati all’ingrosso (per esempio una maggiore flessibilità negli orari di apertura e chiusura) e la creazione di strutture che possano favorire la vendita diretta dei produttori”. L’indagine conoscitiva punta i riflettori sul ruolo della Grande Distribuzione. Infatti, diversamente da quanto accade per la distribuzione degli altri prodotti alimentari, nel comparto dell’ortofrutta il modello della Gdo (che rappresenta oltre il 50% dell’offerta, a fronte del 70% dell’inseme dei prodotti alimentari) per quanto riesca ad accorciare la catena più di quanto riesca alla distribuzione trazionale, non raggiunge quelle economie di costo che le consentono, osserva l’Antitrust, di praticare prezzi più bassi.
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