Il Venezuela di Hugo Chavez sta diventando sempre più simile a un paese dell’Europa dell’Est prima della caduta del muro di Berlino o meglio sempre più simile al suo modello politico e spirituale ovvero Cuba di Fidel Castro. L’ultima trovata del paramilitare è quella di nazionalizzare (ed espropriare) i supermercati e le imprese commerciali che trattano la vendita di generi alimentari. “Io vi nazionalizzerò i supermercati e i grandi magazzini – ha promesso el jefe (il capo) di Caracas, di fronte a una platea di pensionati, in un discorso che ricordava il peggior Fidel Castro. La motivazione? Secondo Chavez “nazionalizzare” è l’unico modo per fermare “lo sciacallaggio” e le “pratiche speculative” di alcuni negozi, “che non rispettano i prezzi calmierati fissati dal governo quattro anni fa”. “Aspetto solo di avere la prima opportunità per nazionalizzare il primo negozio di carne o supermercato e metterlo al servizio del popolo”, ha concluso Chavez. La vicenda venezuelana ci insegna ancora una volta l’importanza delle liberalizzazioni e della concorrenza, soprattutto in un mercato così sensibile come quello degli alimenti: essenziale nella vita delle persone più povere. Quest’uomo, anche da noi talvolta osannato da alcuni movimenti e talvolta da rappresentanti politici, sta cercando in tutte le maniere di stravolgere tutti i principi democratici che seppure in modo debole facevano parte del paese maggiore esportatore di petrolio del sud america. L’ultima diavoleria che mi era capitato di sentire relativamente a Chavez era la gestione del sistema di voto: per chi non lo sapesse, il sistema di voto venezuelano è digitale, e per votare l’elettore deve inserire il proprio dito in un lettore ottico, in modo che ne vengano riconosciute le generalità e poi si può esprimere la propria scelta. Ecco di chi si sta parlando. Per fortuna noi in Italia stiamo timidamente percorrendo la direzione opposta attraverso il sistema delle liberalizzazioni.