Federdistribuzione qualche giorno fa ha diramato un comunicato nel quale palesa ciò che la grande distribuzione pensa dell’inflazione e dell’industria di produzione: cioè che la maggior parte delle materie prime stanno frenando gli effetti inflattivi e tutti gli aumenti che i fornitori chiedono alla GDO sono il frutto della speculazione o, nella migliore delle ipotesi, della loro incapacità a contenere l’inflazione. Esselunga, ma anche molti altri retailer compreso Conad, ha fatto di più: ha inviato una mail ai suoi fornitori comunicando che non verranno accettati incrementi di listino. Nessuno.
L’industria, sbigottita, si trova davanti ad un muro che non trova precedenti: il blocco totale degli incrementi di listino da parte di tutti i principali retailer.
Tra le chat dei manager della GDO, molti infatti sono tra loro amici, spesso ex colleghi ed appartengono a distinti gruppi di whatsapp, girano affermazioni del tipo: “Stanno speculando (i fornitori ndr), ci raccontano cazzate, a parte qualche cosa che effettivamente è incrementato, la maggior parte delle materie prime sta scendendo di prezzo”.
I più maligni, i falchi del retail, pensano che ci sia intenzionalità dietro le nuove richieste di incremento che provengono da tutte le parti mentre altri, i più disposti al dialogo, le colombe, pensano che l’industria non sappia svolgere bene l’attività di buyering sui loro fornitori.
È pur vero che, addirittura, qualche fornitore ha direttamente offerto il posto di lavoro di responsabile acquisti a buyer della GDO, proprio per migliorare questo aspetto aziendale.
Insomma, l’aria che tira nelle relazioni tra industria e retail è pessima ed è certo che il 2023 segnerà un cambio epocale nelle loro relazioni e, probabilmente, questo sarà visibile sugli scaffali dove, in conseguenza di rapporti che possono diventare inconciliabili, si potrebbero verificare molte novità.
Questa, se vogliamo, è una buona notizia perché la dinamicità dell’attività di “recruiting” della GDO è sotto accusa da molta parte dell’industria che, da alcuni anni, lamenta un’estrema lentezza del sistema retail nel valutare nuove offerte e nuovi fornitori.
E qui si apre un altro capitolo: se per valutare un fornitore, codificarlo ed inserirlo a scaffale trascorrono circa sei mesi, è logico pensare che di fronte ai cambi repentini come quelli che si stanno verificando sul mercato, la lentezza del retailer sia inevitabile.
Alcuni fornitori, però, lamentano un’altra cosa: il lassismo dei buyer, poca voglia di scoprire e di comprendere cosa c’è davvero sul mercato.
Un ex top manager della GDO, oggi imprenditore nell’area dei freschi di cui si preferisce non rivelare il nome, lo dice a chiare lettere: “I buyer di oggi non hanno voglia di ascoltare. Non ricevono i nuovi fornitori, quando lo fanno le domande che vengono rivolte sono poche, hanno in testa solo i loro obiettivi, cercano meno complicazioni possibili e perdono occasioni”.
La burocrazia è sicuramente uno dei limiti del retail nella volontà di cambiare fornitore, ma probabilmente anche l’abitudine a non vivere grandi stress, al contrario di ciò che sta accadendo adesso, ha portato a consuetudine la poca propensione alla valutazione fattiva di cambi a scaffale per avvicendamenti di fornitori.
I direttori generali delle aziende della GDO devono portare a casa marginalità, ed il compito del category manager è quello di garantirla, ma per farlo non basterà bloccare i listini, bisognerà ascoltare il mercato, comprenderlo, entrare nel merito delle capacità dei fornitori ad essere eccellenti in tutte le loro aree di intervento, anche quella degli acquisti perché oggi il rischio speculazione è altissimo da qualsiasi punto della filiera, dall’origine alle varie trasformazioni dei prodotti.
Così, tra sospetti e diffidenze, si profila una tornata negoziale all’insegna della battaglia su sconti e listini, nella speranza che il vento contrario dell’inflazione trovi un più serenità, con le banche centrali mondiali permettendo.