La Grande Distribuzione Organizzata ha sempre trattato la categoria delle spezie destinandole il ruolo di massimo servizio per il consumatore che si esprimeva attraverso espositori fuori banco e con un articolato referenziamento di sapori tra i più comuni per la cultura gastronomica italiana. Incontrare un reale valore aggiunto tra un fornitore ed un altro è sempre stato un esercizio quasi impossibile e, per tale ragione, è sempre stata relegata ad una categoria utilissima per produrre margine derivante dai contratti con i fornitori (listing fee) piuttosto che derivante delle vendite.
Eppure non si tratta di una categoria di poco conto; nel 2021 il fatturato espresso dal segmento “insaporitori e spezie” è stato pari a 186 milioni di euro nel solo perimetro libero servizio+supermercati+superstore+ipermercati.
Si tratta di un fatturato decisamente rilevante dove la marca privata occupa un posto privilegiato. Rispetto al 2020 ha subito un calo del -4% ma, se si considera che nel 2019 i ricavi erano arrivati a 167 milioni di euro, si può comprendere che questa deve essere considerata una categoria davvero riscoperta dai consumatori nel periodo del coronavirus.
Nel 2020 il fatturato record ha raggiunto i 193 milioni di euro, un valore mai registrato nella storia con un incremento sul 2019 del +15,5%. Si ricorda che la GDO in quell’anno crebbe del 5,7%, questo significa che la crescita delle spezie e degli insaporitori è stata tripla rispetto al resto del mercato.
In tale ottica bisogna considerare il negativo dello scorso anno: di fatto dai 167 milioni di euro del 2019, dopo due anni, il fatturato ha raggiunto e si è stabilizzato a 186 milioni, realizzando un incremento nel biennio pari all’11,2%.
Quali sono le novità degli ultimi anni?
Il consumatore ha compiuto un’importante evoluzione in questi ultimi dieci anni verso sperimentazioni culinarie dove le spezie hanno assunto un ruolo sempre più interessante. Alcuni player del settore si sono prodigati a trovare soluzioni assortimentali ed espositive all’altezza della richiesta del consumatore ma, purtroppo, la logica del posizionamento competitivo non ha mai privilegiato i volumi della categoria, sempre troppo appiattita da una MDD che non ha ancora avuto il coraggio di compiere scelte rivoluzionarie.
Nel frattempo colossi internazionali si sono affacciati sul mercato italiano acquistando quote di uno dei leader, la toscana Drogherie Alimentari. La categoria è oggetto di interesse di grandi gruppi (storica l’acquisizione del gruppo Montenegro del brand Cannamela) soprattutto per la capillarità dell’organizzazione, che permette economie di scala se affiancata ad altri business.
La verità è che la GDO considera la categoria come una nicchia a prescindere dei quasi 200 milioni di euro prodotti. Solo ultimamente ha iniziato a comprendere che, più che grande portatrice di marginalità fissa ottenuta con premi promozionali destinati ad alleggerire i costi di distribuzione, si sta trasformando in opportunità per conquistare consumatori sempre più attratti da un’offerta che, finalmente, ha fatto un grosso salto in avanti.