lunedì 2 Dicembre 2024

Caso Ferrarini: un caso sempre più politico a Reggio Emilia

Continua il braccio di ferro per salvare il gruppo agroalimentare Ferrarini di Reggio Emilia, entrato in crisi nel 2018 sotto il peso di oltre 250 milioni di debiti. A contendersi lo storico marchio emiliano dei salumi, come noto, sono due cordate. La prima e’ quella capeggiata dal gruppo Bonterre-Grandi Salumifici italiani, appogiata da Intesa Sanpaolo e Unicredit e la cui proposta, avanzata nell’ambito della procedura di concordato l’11 agosto, ha incassato il plauso generale del mondo cooperativo e delle associazioni del settore suinicolo.

Ferrarini pero’, nel nuovo piano di rilancio depositato in Tribunale a Reggio nei giorni scorsi, ha deciso di affidarsi al gruppo della bresaola valtellinese Pini, con partner finanziaro la societa’ Amco, controllata dal ministero dell’Economia. Proprio il ministero (insieme a quello dello Sviluppo economico) viene quindi oggi tirato in ballo sia dalla Lega che dal Partito democratico, e invitato con due distinte interrogazioni ad esprimere il suo sostegno alla proposta di Bonterre.

In particolare il primo atto presentato alla Camera e’ a firma del deputato del Carroccio Giulio Centemero, secondo cui “l’offerta del gruppo Pini insieme alla Amco e’, ad avviso degli interroganti, in aperto contrasto con un’offerta solida e gia’ resa pubblica, che ha ricevuto il plauso di tutti gli stakeholder del settore”. Inoltre “la proposta appoggiata da Amco non sembra dare garanzie sulla qualita’ della produzione, sulla filiera, sull’italianita’” e “resta il rischio di delocalizzazione e di mancata tutela dell’italianita’ della materia prima”. La Lega chiede dunque di affrontare la questione attraverso “l’immediata riattivazione del tavolo di crisi gia’ aperto presso il ministero dello Sviluppo economico”.

Ancora piu’ severi i rilievi sollevati da Michele Anzaldi, esponente del Pd a Montecitorio, che ricorda come “il gruppo Pini fa capo a Piero Pini, il cui nome compare nei dossier cosiddetto Panama Papers, e al figlio Marcello, entrambi coinvolti in indagini per gravi illeciti in altri paesi europei”. La proposta concordataria di Ferrarini (che nello scenario post cessione spera di conservare una maggiore autonomia) penalizza inoltre, secondo Anzaldi, i creditori, “tra i quali vi sono anche i sottoscrittori di un bond di 35 milioni”. La proposta concorrente, invece, “prevede un progetto di rilancio industriale basato su una filiera di alta qualita’ tutta italiana e migliora le percentuali di soddisfo ed i tempi di pagamento (primo pagamento entro 12 mesi), dei creditori”.

Pertanto l’esponente del Pd, domanda “se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare in ordine al ruolo di Amco spa, societa’ partecipata dal ministero dell’Eeconomia e delle finanze, che appoggerebbe la famiglia Ferrarini e il gruppo Pini, senza considerare la scarsa credibilita’ imprenditoriale e la mancanza di trasparenza finanziaria degli stessi, che dovrebbe portare a escluderli da una legittima selezione quali partner di una societa’ pubblica”.

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