A due settimane dall’entrata in vigore del decreto sull’indicazione di origine per riso e pasta (prevista per il 16 e 17 febbraio) Coldiretti presenta le prime confezioni con l’etichetta che indica la provenienza della materia prima. E ricorda come un pacco di pasta imbustato in Italia su tre è fatto con grano straniero senza alcuna indicazione per i consumatori.
Scopo dell’etichetta è quello di incentivare un settore a rischio, con il crollo dei prezzi del grano italiano al di sotto dei costi di produzione, una drastica riduzione delle semine e il rischio di abbandono per un territorio di 2 milioni di ettari coltivati situati spesso in aree marginali. Ma l’etichetta darà ossigeno anche ai risicoltori italiano, considerando che dai Paesi asiatici proviene oggi la metà del riso importato. e che il prodotto straniero è spesso favorito dal regime praticato nei confronti dei Paesi Meno Avanzati (accordo EBA), che prevede la possibilità di esportare verso l’Unione Europea quantitativi illimitati di riso a dazio zero. Il risultato è che un pacco di riso su quattro contiene prodotto straniero, con le quotazioni del riso italiano per gli agricoltori crollate dal 58% per l’Arborio e il Carnaroli e del 37% per il Vialone nano, senza peraltro avere effetti sui prezzi al consumo.
Pasta e riso, cosa prevedono le nuove etichette
Il decreto stabilisce che dal 17 febbraio prossimo le confezioni di pasta secca prodotte in Italia dovranno avere obbligatoriamente indicato in etichetta il nome del Paese nel quale il grano viene coltivato e quello di molitura; se proviene o è stato molito in più Paesi possono essere utilizzate, a seconda dei casi, le seguenti diciture: paesi UE, paesi NON UE, paesi UE E NON UE. Inoltre, se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE”.
L’indicazione in etichetta dell’origine per il riso scatta il 16 febbraio e deve riportare le diciture “Paese di coltivazione del riso”, “Paese di lavorazione” e “Paese di confezionamento”. Qualora le fasi di coltivazione, lavorazione e confezionamento del riso avvengano nello stesso Paese, può essere recata in etichetta la dicitura “origine del riso”, seguita dal nome del Paese. In caso di riso coltivato o lavorato in più Paesi, possono essere utilizzate le diciture “UE”, “non UE”, ed “UE e non UE”.
Richiesta popolare
La scelta di apporre in etichetta in modo chiaro e leggibile l’origine degli alimenti è condivisa dal 96% dei consumatori italiani e confermata anche dal Tar del Lazio che ha sottolineato come sia “prevalente l’interesse pubblico ad informare i consumatori considerato anche l’esito delle consultazioni pubbliche circa l’importanza attribuita dai consumatori italiani alla conoscenza del Paese di origine e/o del luogo di provenienza dell’alimento e dell’ingrediente primario”.
Dall’indicazione dell’origine è esclusa oggi un quarto della spesa alimentare degli italiani, dai salumi ai succhi di frutta, dalle confetture al pane, fino alla carne di coniglio.