Confronto delle performance finanziarie della GDO prima e durante la crisi
In precedenza abbiamo presentato i risultati di un nostro studio condotto su 27 mila bilanci di circa 4 mila imprese della GDO, fra il 2005 e il 2011, dal quale in sostanza si evince la misura del deterioramento della redditività del settore e il peggioramento del profilo di rischio finanziario delle aziende ivi operanti. Abbiamo avuto anche modo di illustrare come le imprese di più grandi dimensioni abbiano saputo reagire meglio alla crisi, registrando minori tassi di perdita di redditività.
Ci interessa in questa sede approfondire l’evoluzione dei fondamentali del settore perché è da questi che derivano le variazioni osservate nelle performances finanziarie: ci riferiamo in particolare ai margini, al ciclo commerciale, all’indebitamento e infine al rendimento dei capitali investiti.
Lo scopo della nostra indagine è di verificare se e in che misura sono variate le principali performances finanziarie della GDO in seguito alla crisi economica: per questa ragione confronteremo fra loro i risultati 2005 e 2011 come media triennale della fase congiunturale positiva 2005-2008 e della successiva fase recessiva 2009-2011.
Partiamo con l’evoluzione del margine commerciale (fatturato + variazione prodotti finiti – consumi) in rapporto ai ricavi, che rappresenta il primo livello reddituale per le aziende del settore: i dati mostrano un miglioramento di 1,5 punti percentuali nei due periodi presi in esame. Vedremo che tale miglioramento non è stato in grado di compensare il calo di fatturato (agli effetti della capacità di copertura dei costi fissi), l’aumento del peso dei costi di gestione e degli oneri finanziari.
Rispetto all’incremento di marginalità di 1,5 punti percentuali sul fatturato, le imprese del settore hanno registrato un aumento del peso delle spese generali (costi per servizi, promozioni e sconti, affitti e noleggi) e del costo del lavoro che, sommati al minore apporto della gestione non caratteristica (proventi e oneri diversi), hanno influito negativamente sui ricavi per 1,54 punti percentuali, annullando il miglioramento del margine commerciale.
Quanto sopra ha prodotto un risultato della gestione inferiore rispetto al periodo pre-crisi, sia in valore assoluto che in percentuale sui ricavi: il margine operativo netto (che corrisponde alla differenza fra i ricavi e i costi operativi, inclusi gli ammortamenti e le svalutazioni) è infatti diminuito sensibilmente passando dall’1,4% al 1% sui ricavi, contribuendo in maniera decisiva al ridimensionamento della redditività sui capitali investiti delle imprese del settore.
Un altro elemento fondamentale per spiegare l’evoluzione delle performances in chiave finanziaria è rappresentato dalla rotazione dei capitali investiti, che è storicamente un punto di forza per le aziende del settore. Il principale driver di quest’area consiste senz’altro nel riuscire a mantenere un ciclo commerciale negativo (ciclo commerciale = gg medi giacenza magazzino + gg medi incasso clienti – gg medi pagamento fornitori), grazie al favorevole risultato in termini di tempi d’incasso, di magazzino e di pagamento. Sebbene anche durante la crisi le imprese del settore abbiano mantenuto questa importante caratteristica finanziaria, anche sotto questo profilo si registra un lieve peggioramento, con un ciclo commerciale che si allunga, in media, di circa cinque giorni, a causa di più rapidi tempi di pagamento ai fornitori e di una maggiore permanenza delle giacenza in magazzino.
Riduzione della marginalità operativa e Allungamento del ciclo commerciale sono quindi i “fondamentali” alla base della visibile contrazione del rendimento dei capitali investiti nel settore, come mostra chiaramente il grafico che segue:
E’ interessante osservare come, in proporzione, il rendimento dei mezzi propri (ROE = utile netto / Capitale Proprio) si sia ridotto in misura inferiore rispetto a quanto avvenuto per l’indicatore di redditività dell’attivo (ROI= Margine operativo netto / Attivo). Il ROE è infatti diminuito “solo” del 21%, mentre il ROI ha subito una contrazione di circa il 30%. La ragione di questa divergenza è esclusivamente di carattere fiscale ed è dovuta all’abbassamento delle aliquote d’imposta a partire dal 2008 (IRES dal 33% al 27,5% e IRAP dal 4,25% al 3,9%).
Per comprendere più velocemente come e perché il rendimento dei mezzi propri (il guadagno dei soci sui capitali da essi investiti in azienda) si sia ridotto riteniamo utile servirci della seguente analisi “ad albero”, che riprende in maniera grafica l’evoluzione di tutte le variabili (i fondamentali) operative e finanziarie che hanno a che fare con la gestione d’impresa:
Dal grafico appare chiaramente come gli effetti negativi provocati della caduta dei margini e dall’allungamento del ciclo commerciale (che riduce la rotazione dei capitali) siano superiori agli effetti positivi derivanti dal minor livello di imposizione fiscale (che miglioa l’incidenza della gestione extra caratteristica) e all’aumento del grado di capitalizzazione delle imprese (che ha ridotto la leva finanziaria).
In conclusione per quanto concerne l’area finanziaria, al di là del deterioramento del profilo di rischio delle aziende del settore di cui si è già scritto in precedenza, e testimoniato anche dall’indicatore – sotto riportato – che espirme il numero di anni necessari a rimborsare il debito bancario tramite la redditività operativa, riteniamo utile completare questa nostra analisi evidenziando un cambiamento sostanziale nelle scelte di finanziamento da parte delle imprese della GDO.
Come si evince dal grafico di destra, mentre nel periodo pre crisi solo il 21% del debito finanziario aveva scadenza a medio-lungo termine, negli ultimi anni questa percentuale è cresciuta in maniera rilevante superando il 37%, a testimonianza della maggiore attenzione da parte delle aziende alla pianificazione dei flussi di cassa e, forse, alla ricerca di fonti finanziarie meno costose.
Finora la GDO è andata talmente bene che nessuna azienda italiana è presente in borsa. In futuro vedremo.
Concordo, con questi rendimenti, ed in relazione al rischio forse gli investitori trovano più conveniente investire in Titoli di Stato.
Comunque anche la situazione europea non si discosta da quella italiana, mi risultano 23 aziende quotate del settore food Retail e GDO su oltre 4100 trattate nelle varie Borse europee.