È una situazione da osservare con attenzione, pronti ad adottare (se possibile), correttivi e risposte in grado di non far perdere gli spazi acquisiti. Può essere sintetizzata così la condizione del mercato alimentare italiano. A suggerire un quadro di questo genere sono gli ultimi numeri sfornati dall’Ismea che riguardano l’andamento della domanda alimentare interna. Un dato importante, al quale si affiancano quelli relativi al futuro degli scambi internazionali e all’andamento dell’industria di settore. L’indicazione che ne deriva può essere una sola: fare attenzione.
L’Ismea parla chiaro e spiega: dopo un 2015 in cui si era registrato un lieve recupero della spesa alimentare delle famiglie italiane, nel 2016 c’è stata una leggera contrazione pari allo 0,5%. Sobrietà negli acquisti, l’attenzione al risparmio e scelte guidate spesso da aspetti salutistici appaiono essere i tratti comuni che hanno caratterizzato il periodo. Ismea precisa: «La stagnazione poi dei prezzi al consumo, letta insieme al calo in valore dello 0,5% della spesa familiare per beni agroalimentari, indica di fatto una flessione delle quantità acquistate». Anche se con andamenti molti diversificati. È stata così osservata una tendenza degli acquisti in valore negativa per carni, salumi, uova e lattiero-caseari, pressoché stabili le bevande, in flessione i prodotti freschi, mentre i prodotti confezionati hanno segnato un recupero dell’1,8% sui valori del 2015. Bene, poi, la frutta e male gli ortaggi.
La fotografia scattata dai dati “agricoli” si completa con quella relativa alla situazione industriale. Che ha dato buona prova negli ultimi mesi ma, secondo Coldiretti, a seguito della spinta del periodo natalizio. Stando ai coltivatori, in pochi giorni sarebbero stati spesi 4,4 miliardi di euro. Ottima cosa, dicono, i cui effetti però devono adesso «trasferirsi alle imprese agricole con una adeguata remunerazione dei prodotti che in molti casi si trovano tuttora al di sotto dei costi di produzione».
Emerge così anche in questo modo tutta la tensione che continua a pervadere i cosiddetti rapporti di filiera e che viene accresciuta dall’incertezza della situazione internazionale. Ad iniziare dagli effetti della Brexit. Ha fatto bene quindi il presidente di Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, intervenendo a Fruitlogistica, una delle più importanti al mondo, ad attirare l’attenzione sul negoziato che porterà davvero il Regno Unito fuori dall’Ue. In tema alimentare e agricolo in particolare, l’Italia è al quarto posto tra i fornitori di Londra (i prodotti più esportati mele e kiwi). Occorrerà sgomitare per cercare di mantenere la posizione.
[Via Avvenire]