Quando il Cav. Podini nel 2017 mi disse che nel 2025 i discount avrebbero raggiunto il 25% di quota di mercato gli credetti, non perchè l’oggettività dei fatti mi portava a quella determinazione, bensì per una sorta di fiducia (o fede) che ho sempre avuto verso di lui.
Nessuno, però, poteva immaginare che tre anni dopo sarebbe arrivata una pandemia tale da chiudere tutti in casa per quasi due mesi, mietere centinaia di migliaia di morti e chiudere tutte le attività commerciali, salvo – che fortuna – i supermercati ed i discount.
Da quel momento in avanti la sorte dei discount, non solo di Md, era destinata a cambiare per sempre, o forse è meglio scrivere a migliorare notevolmente un andamento che era molto positivo già da qualche anno.
Il Covid aiutò i negozi di prossimità (discount compresi) e mise in difficoltà quelli i cui bacini di utenza si intersecavano su più comuni, e non si sta parlando di pochi punti vendita. Ma la vera spinta fu un’altra: la pandemia bloccò il mondo intero il quale, dopo, si riattivò tutto assieme (l’economia) per recuperare il tempo (ed il fatturato) perduto. Questo contraccolpo provocò una rapida inflazione, che incrementò subito dopo con i fatti ben noti legati ai derivati del petrolio ed all’energia.
Non solo: gli aiuti di Stato, che il nostro e tutti i paesi più avanzati rivolsero ai cittadini meno abbienti (tra cui il reddito di cittadinanza già attivo prima della pandemia grazie al Governo giallo-verde) sicuramente contribuirono anch’essi ad incentivare i consumi. Non è un caso se il sud Italia da diversi anni cresce più della media nazionale.
Insomma, per tutte queste e molte altre ragioni, il mercato della grande distribuzione è cresciuto molto nei suoi ricavi negli ultimi tre anni, molto di più di quello che ci aveva abituato da almeno due decenni sino al 2019 .
Però questa crescita non ha aiutato e coinvolto proprio tutti: alcuni non sono affatto cresciuti più di quello che crescevano prima, altri invece sono cresciuti di più nei tre anni topici (2020-2021-2022), altri ancora sono cresciuti moltissimo: tra questi ultimi bisogna annoverare il mercato dei discount.
Lo scrivente, per comprendere e valutare l’impatto di questa crescita con numeri certi, ha fatto un semplice esercizio: aprendo la app “benchmark on line” nel tasto in alto “Strumenti per i manager”, disponibile per tutti gli abbonati premium alla rivista, ha scaricato tutti e sette i documenti che raccontano l’evoluzione dei bilanci dal 2018 al 2022 di Lidl, Md, Eurospin Lazio, Spesa Intelligente, Eurospin Tirrenica, Eurospin Puglia ed Eurospin Sicilia e ne ha tratto le conclusioni che spiegherò sotto.
Premetto che avrei potuto scaricare anche tutti i risultati di tutti i loro affiliati, dato che sono presenti dentro la app, ma per ragioni di tempo e logica non l’ho fatto.
Ebbene la prima informazione certa che emerge da questi studi è la seguente: il fatturato delle sette imprese più rappresentative di cui sopra (attenzione è il fatturato a bilancio e non alle vendite – in quel caso servirebbe sommare i bilanci degli affiliati, cosa che la app permette) è passato da 12,45 miliardi di euro nel 2018 a 17,45 nel 2022 (+41%).
E’ certo che il resto del mercato GDO non è cresciuto in questa maniera, pertanto oggi il 23% circa di quota dei discount è stato ampiamente supportato dalle vicende degli ultimi tre anni.
Di certo il Cav. Podini questi eventi non li poteva conoscere nel 2017, ma la sua fede e la sua fiducia nel futuro li aveva però contemplati. E ci sta azzeccando!
Analizzando nel dettaglio le imprese in analisi emerge che Lidl è passata da 4,72 miliardi nel 2018 a 6,68 nel 2022. Il suo trend è stato del +54% in cinque anni. Nell’articolo dedicato al gruppo oggi pubblicato si spiega tutto, l’evoluzione dei margini, l’impatto sul costo del lavoro, il cambio della patrimonializzazione, l’evoluzione dettagliata degli utili, e tanto altro.
Md, invece, è passata da 2,23 miliardi di euro a 3,33 miliardi nello stesso periodo. Anch’essa ha realizzato una grande crescita, anche superiore nei ricavi (trend %) a quella di Lidl.
Per analizzare Eurospin si devono scaricare gli storici delle cinque imprese controllare: Spesa intelligente che è passata da 2 miliardi a 2,83 nei cinque anni, crescendo del 42%, Eurospin Tirrenica è passata da 819 milioni del 2018 a 1,12 miliardi nel 2022 (+49%), Eurospin Lazio da 1,284 a 1,609 (+31%), ed infine Eurospin Puglia è passata da 628 a 889 milioni (+54%) e Eurospin Sicilia da 649 milioni a 983 nel 2022 (+74%). Insomma tutte sono cresciute moltissimo in un arco di tempo limitato per quegli incrementi. I dati di Eurospin Puglia e Sicilia non li posso inserire perchè saranno oggetto di studio approfondito su GDONews nelle prossime settimane.
Insomma, sono sufficienti questi numeri per chiarire in quale direzione si dirige il vento del mercato in questi ultimi anni, nonostante inflazione. Questa settimana, come già scritto, è stato pubblicato uno studio su Lidl, che peraltro il 25 ottobre terrà una conferenza stampa a Milano dedicata anche ai risultati del 2022. Anzi, a dire la verità questa pubblicazione avrebbe dovuto uscire con qualche giorno di anticipo ma, alla fine, GDONews ha preferito avvicinarsi alla data anche per dare lo spazio della comunicazione del loro evento.
Insomma, Lidl è l’insegna che, per dimensioni e prestazioni, è quella che è maggiormente cresciuta all’interno di questo fazzoletto di imprese eccellenti. E’ vero che alcune controllate di Eurospin sono cresciute di più, ma in ambiti numerici decisamente differenti, in ogni caso nel suo complesso l’azienda leader, pur ottenendo risultati eccezionali, non è arrivata a pareggiare quelli del suo principale competitor. E’ matematica, non opinione.
Infine, nello studio oggi pubblicato su Lidl sono emersi alcuni aspetti della sua crescita che sono decisamente peculiari: il suo patrimonio oggi è più rilevante di quello di aziende come Coop Alleanza 3.0, quando solo dieci anni fa era oltre 4 volte inferiore. L’inflazione è stata notevole, eppure anche Lidl ha mantenuto i margini degli ultimi due precedenti anni, non sono calati. Ed è anche vero che detti margini, che erano già decisamente interessanti negli anni 2018 e 2019, dal 2020 sono cresciuti e si sono mantenuti.
Va anche chiarito che i dati generali recentemente pubblicati da NIQ indicano meno performanti i discount nel trend a rete costante, ma questo aspetto è una magrissima consolazione. Le aziende che ho descritto in questo articolo sono dei colossi con patrimoni eccezionali, ed ogni anno lo incrementano considerevolmente. Le vendite sono importanti ma se queste non sono poi capaci di patrimonializzare le imprese, è come la ruota della bicicletta che gira più veloce delle altre ma rimane ferma perchè è sospesa nell’aria.
Oggi i soldi fanno la differenza. Chi li ha e li investe bene può crescere, gli altri devono giocare in difesa. “Catenaccio” e basta, sperando di non prendere altre batoste. L’Italia è lunga e stretta e le posizioni migliori per aprire nuovi negozi sono sempre meno. Oggi ci sono ancora alcune opportunità nel mercato immobiliare commerciale, si pensi a tal proposito tutte quelle fabbriche post guerra dismesse nelle città grandi oppure posizioni tra comuni limitrofi nelle grandi province, ma queste costano molto, e sono desideri che pochi si possono permettere.
Lidl, lo leggiamo oggi in un articolo a firma di Massimo Schiraldi, medita con attenzione le posizioni per nuove aperture. Emilio Arduino, Ad sviluppo di Lidl, segue regole precise per gli investimenti. I suoi concorrenti diretti, ossia quelli analizzati qui, alla stessa stregua di Lidl, investono molto in sviluppo, ma seguono regole diverse, lo si vede dalle scelte delle locations. Lidl apre solo dove sa che il rischio è calcolato, dove i margini rimangono quelli medi aziendali.
Regole, organizzazione, conoscenza del territorio, oggi questi principi hanno portato l’azienda di Arcole (VR) ad avere una quota di mercato nazionale che, per GDONews, è pari al 6% nazionale e di quasi il 27% del comparto discount (Istituto Georetail Italia calcola il fatturato totale in modo differente rispetto ad altri Istituti di ricerca, basandosi sui bilanci di esercizio di tutte le partite IVA che operano in GDO, spuri delle vendite b2b).
Il 6% è una quota di mercato che appartiene a pochi eletti se si fa riferimento ad imprese della GDO e non a gruppi di imprese. Il tutto in dieci anni davvero eccezionali, come documentato dal prezioso studio oggi pubblicato, di cui gli ultimi tre sono stati letteralmente fondamentali. E questi sono stati raggiunti anche grazie alla “fede” del cav. Podini, loro caro ed eccellente competitor.