Supermercati. Si ma quali? L’estensione differenzia in modo netto la concorrenza

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Quando si parla di “supermercati”, in realtà si fa riferimento ad un range abbastanza ampio di metrature commerciali che, sebbene condividano lo stesso nome formalmente, nella sostanza si differenziano per tipo di funzione e per l’investimento richiesto (rischio imprenditoriale) al fine di realizzarle. Sono Amministratore delegato di Istituto Georetail Italia ed in azienda ci rendiamo conto quotidianamente che l’industria non conosce bene i suoi clienti potenziali, così come l’imprenditore che intende fare un investimento, non sempre mette a fuoco la differenza delle strategie delle insegne e le loro vocazioni. Vediamo quindi di fare un pò di chiarezza in questo articolo.

In termini di superficie, la metratura di vendita più piccola si chiama “superette”, piccoli negozi di 100/400 mq che servono un’utenza “pedonale”, ovvero quei clienti che distano fino ad 8 minuti a piedi circa dal punto vendita (con le debite differenze da città a città) e che si rivolgono al pdv perché vicino a dove risiedono. Questo tipo di store è molto diffuso in Italia, parliamo di circa 12.000 negozi su 25/26.000 totali.

È solo aumentando le dimensioni che si arriva alla categoria supermercati, un mondo rappresentato da metrature che vanno dai 400 ai 2.500 mq. Inutile dire che le differenze tra un negozio di 400 ed uno di 2.500 mq sono abissali. Vediamo, qui di seguito, queste differenze con l’occhio del retailer.

Iniziamo dagli investimenti che devono sostenere chi li apre: per realizzare un pdv da 400 mq è sufficiente cercare un immobile in locazione, oggi è frequente trovare una ex filiale bancaria abbastanza spaziosa e basta fare i lavori di adeguamento al format per realizzare un piccolo negozio. Diciamo che, in questo caso, laddove tale format non sia economicamente troppo oneroso ed il locale sia già in buone condizioni, esiste la possibilità, per chi realizza il supermercato, di contenere le spese. Non è sempre questo il caso ma, comunque, accade.

Per realizzare uno store da 2.000- 2.500 mq, invece, si parla di tutt’altra storia. Bisogna trovare uno stabile inutilizzato, magari una ex fabbrica, ristrutturarla in chiave commerciale o addirittura buttarla giù completamente e rifarla da zero, oppure spesso e volentieri si trova direttamente il terreno vergine e si costruisce l’immobile. Questo tipo di supermercato necessita di un comodo parcheggio e, sicuramente, a parte rari casi, non lo si può trovare sotto i palazzi cittadini, al livello della strada.

Tra i due formati (400 e 2.500 mq) ci sono differenze nel valore dei costi di gestione, dal personale (ovviamente più numeroso nel secondo caso) a tutte le altre voci di funzionamento. Un supermercato di 400 mq poi, ha degli orari diversi, magari la domenica, ad esempio, fa mezza giornata oppure adotta lo spezzato in settimana (con la chiusura nell’intervallo pranzo) mentre un 2.500 mq, di solito, è sempre aperto e fa il continuato.

Cambia anche il valore dell’ordine di impianto (le merci necessarie a riempire inizialmente il pdv), molto più elevato nelle metrature più grandi, di pari passo con i costi di realizzazione che aumentano anch’essi con l’incremento delle dimensioni.

Passiamo ora a dettagli meno evidenti e spesso sconosciuti all’industria fornitrice: un Cedi, se ha tutti negozi da 400 mq, deve avere spazio per 8/9.000 referenze e farne arrivare ai singoli negozi 5/6.000. Se, invece, la logistica deve rifornire un negozio da 2.500 mq, il numero di referenze da tenere “in pancia” è sicuramente maggiore , si parla di 20.000 e più articoli.

Il Cedi è conseguenza delle strategie commerciali, e quindi delle attività di category management: tra un 400 mq ed un 2.500 mq ci sono delle differenze nella costruzione dell’assortimento. In 5/600 mq, bisogna assicurarsi di coprire tutte le unità di bisogno necessarie e, quindi, diventa importante evitare ridondanze ed assicurarsi di soddisfare le esigenze di base. È un lavoro che presenta delle complessità ma tendenzialmente, non troppo difficile.

Quando si va su un 2.500 mq, invece, la difficoltà sta nel costruire un’offerta che mantenga le redditività a mq. Qui viene fuori la competenza del retailer nel rendersi unico in termini di assortimento al fine di fidelizzare il cliente.

È per questo motivo che, quando un retailer ha tutti negozi da 4/600 mq e solo qualcuno da 2/2.500 mq, tendenzialmente questi ultimi sono improduttivi. Si parla di due concetti diversi nella composizione dell’assortimento che prevedono approcci differenti. Se si pensa al 2.500 mq come una mera estensione del 600 mq, si rischia di minimizzarlo e renderlo poco performante.

Dunque, sono queste le differenze tra i piccoli e grandi supermercati, differenze molto importanti sebbene, come visto, si chiamino entrambi “supermercati” per il proprio ruolo all’interno del mercato.

Ed il consumatore come li vede?

In modo differente, ma ciò che contribuisce a chiamare entrambi i formati “supermercati” è, in parte, il tipo di cliente servito. Il 2.500 mq, eccezion fatta per qualche caso, è più scomodo da raggiungere a piedi e quindi non serve una clientela pedonale. Anche perché, comunque, a maggiori dimensioni corrisponde una maggiore spesa media che il cliente preferisce trasportare in auto ma, comunque, si tratta di negozi che hanno un potere di attrazione (e, dunque, un’isocrona di riferimento) che nel tempo, vista la saturazione del mercato, si è ristretta per comprendere le persone presenti in un raggio d’azione non troppo ampio. Si parla sempre di consumatori che necessitano di fare acquisti abbastanza frequenti e che, ad ogni modo, abitano nelle vicinanze.

In altre parole, si estende l’isocrona tra un 400 ed un 2.500 mq perché, ovviamente, l’offerta del secondo è decisamente maggiore ma l’approccio che ha il cliente verso questo tipo di stores è abbastanza simile, tant’è vero che le metrature importanti (>1.500 mq) ricadono nel concetto di “grande prossimità”.

Per fare un esempio inverso prendiamo la logica dell’ipermercato. Tale formato, determinato ad attrarre consumatori anche lontani dalla sede del pdv, era stato concepito affinché il cliente potesse dedicare abbastanza tempo alla spesa, magari una volta alla settimana, per caricarsi di “provviste” e tornare solo dopo 7 giorni. Ciò, per i supermercati, non avviene. Sono luoghi d’acquisto vicino casa (chi più, chi meno), frequentati anche più volte a settimana.

Nel corso di questi mesi noi di Istituto Georetail Italia abbiamo fatto una serie di studi pubblicati in collaborazione con GDONews al fine di mettere in evidenza le caratteristiche dei vari player del mercato perchè, questo sì, non sono tutti uguali!

Cambiano le dimensioni medie, cambiano le vocazioni, e quindi gli investimenti e, soprattutto, l’approccio con i fornitori. Pertanto abbiamo deciso di scrivere un articolo dove si dettagliano le differenze dei grandi player per far comprendere nel dettaglio le loro caratteristiche e le differenze con la concorrenza.

Massimo Schiraldi
Fondatore e Amministratore della Netbound, società specializzata nel management consulting indirizzato al Retail ed all’industria alimentare, è appassionato del commercio in tutte le sue forme. È stato membro del CdA ed Amministratore Delegato di società operanti nella produzione e distribuzione di beni di largo consumo. Ha viaggiato in Europa e negli Stati Uniti (dove ha risieduto) per analizzare le formule di retail con le migliori performance. e-mail: m.schiraldi@netbound.net

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