Questo benchmark è dedicato ai cinque centri distributivi del gruppo Conad e dimostra come la strategia adottata in un arco temporale lungo quasi vent’anni anni dal leader di mercato nazionale si sia rivelata adeguata e abbia consentito di sviluppare un modello di business efficace e profittevole.
I numeri che prenderemo in esame sono relativi al 2021 perché è questo l’ultimo anno per cui i documenti completi sono attualmente disponibili: tuttavia, essi sono efficaci per comprendere i meccanismi di fondo del modello di business attuato da Conad e per vedere come esso generi ricchezza.
Non è un caso se Conad è leader di mercato: le strategie pensate a partire da due decenni orsono si sono rivelate esatte. E’ il caso della scelta di ridurre la numerica dei centri distributivi, quindi di accorpare le aziende per ottimizzare i costi: potrebbe sembrare una strategia scontata, ma non lo è, come dimostra, ad esempio il caso di Coop Alleanza 3.0, dove l’unione di tre cooperative non ha ottimizzato in modo soddisfacente i costi.
Va chiarito che Coop Italia e Conad – due aziende, giova ribadirlo, solidissime e al riparo da qualsivoglia rischio – hanno due modelli di business molto differenti tra loro e due approcci culturali diversi ai temi economico-sociali, con tutti i riverberi del caso sui conti economici. Ad esempio Conad è molto attenta all’efficienza, dove Coop privilegia il rapporto con i propri dipendenti. Di certo l’accorpamento dei centri distributivi operato da Conad è stato salvifico perché ha ingrandito le aziende, le ha rese più forti finanziariamente e ha dato loro strategie comuni.
Altra mossa azzeccata – per quanto complessa da attuare – è stata quella di unificare le strategie di centrale con le periferie, calando dall’alto un progetto su territori diversi tra loro: complicatissimo in Italia, ma a Conad è sostanzialmente riuscito.
Anche l’operazione Auchan, che avrebbe potuto sembrare scellerata per l’esposizione verso gli ipermercati, in verità questi hanno avuto un impatto minimo sul fatturato generale del gruppo. Oggi la vera esposizione sul segmento ipermercati è quella di Coop Italia.
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Dal punto di vista dei Cedi, Conad ha raggruppato le cooperative presenti al proprio interno per dar vita a 5 soggetti che praticamente coprono tutto il territorio nazionale. PAC 2000, che è la più grande anche in termini di estensione, dall’Umbria alla Sicilia, nel 2021 ha fatturato 3,4 miliardi di euro (non si sta parlando del fatturato alle vendite, bensì del fatturato dei Ce.Di.); la seconda entità è Conad Nord Ovest nata dall’ultimo importantissimo accorpamento fra Nordiconad e Conad del Tirreno che nel 2021 ha fatturato 2,58 miliardi di euro; Conad Centro Nord ha chiuso, invece, con 1,2 miliardi, così come anche Conad Adriatico ha superato il miliardo (proprio in queste ore l’azienda ha diramato un comunicato in cui spiega che il fatturato alle vendite del 2022 è stato di oltre 2 miliardi); Commercianti indipendenti associati ha fatturato nel 2021 1,6 miliardi. (nella tabella sotto sono indicati tutti i ricavi a bilancio).
Si tratta del fatturato dei centri distributivi, lo ripetiamo, che è ben diverso dal fatturato alla vendite: i Cedi vendono ai soci, non ai clienti finali. Quindi, i Cedi del gruppo Conad nel 2021 hanno generato complessivamente ricavi per 9,7 miliardi mentre il fatturato alle vendite del Gruppo nello stesso esercizio è stato pari 14,8 miliardi (secondo i calcoli dell’Istituto Georetail Italia indicati con precisione in un altro articolo).
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