Cali vistosi su molti comparti. L’analisi dei dati Circana (ex IRI) e previsioni sui prossimi mesi

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Mentre i fatturati della GDO continuano a crescere con buona (chissà per quanto..) soddisfazione di molte catene di supermercati, all’interno degli assortimenti i problemi già esistono e purtroppo non ci sono soluzioni per risolverli. Infatti, praticamente tutte le categorie merceologiche stanno vivendo un momento molto complicato. La conferma arriva dall’analisi di Circana sull’andamento del largo consumo confezionato (LCC) compiuta all’interno categorie merceologiche nel primo trimestre dell’anno.

Come abbiamo già visto in altro articolo, i numeri raccolti da Circana, certificano un’importante regressione dei volumi, che si è acuita in particolare nei primi mesi del 2023 con percentuali andate ben oltre l’andamento registrato a dicembre.

Questa depressione, in verità, tocca maggiormente le dinamiche delle imprese di produzione e molto meno quelle del retail dato che chi distribuisce, avendo pochi margini netti, tende a non sacrificare la propria marginalità, scaricando quindi gli incrementi di listino – oggi combattutissimi – direttamente sul consumatore finale.

In questo macro dato diventa perciò interessante capire cosa succede all’interno dei vari comparti merceologici perché presentano differenze, non tanto nel lato del retail ma in quello dell’industria. E mentre la Grande Distribuzione limita la depressione dei volumi intorno al 4% medio, dato che non comporta grandi adattamenti aziendali in termini di organizzazione, come ad esempio quello della forza lavoro, sensibili differenze le troviamo invece andando ad analizzare nel loro interno i quattro comparti individuati da Circana: quello dell’alimentare secco, bevande, cura persona e cura casa.

L’alimentare (secco) cresce a valore del +10,6% e decresce a volume del -3,8% confermando come il largo consumo confezionato resti più o meno in linea, anche se rispetto all’anno precedente bisogna sottolineare due tendenze: un incremento delle vendite a valore ma anche una forte regressione dei volumi di vendita.

Questo perché, se era già alto il +8,1% di tutto il 2022, l’attuale +10,6% è ancora più significativo mentre di contro la crisi dei volumi, che si è rivelata in particolare nella seconda metà dello scorso anno (con una media di -0,4%), è scesa ancora. Sappiamo bene però come dentro questa logica ci sia anche un forte aumento dei prezzi, soprattutto nei canali tradizionali che, come abbiamo visto, sono quasi raddoppiati.

Passando alle bevande, che comprendono anche gli alcolici, notiamo un segnale preoccupante perché hanno una contrazione dei volumi più rilevante rispetto al comparto precedente: arriva a -4,1% e non è compensata dalle vendite a valore, dato che l’incremento è stato del +6,5% (nel 2022 era a +5,2%).

Ancor più preoccupante è la condizione della categoria Cura persona, area a forte rischio visto che la depressione dei volumi è molto sostanziosa e tocca -6,1%, dopo l’importante incremento del 2022 (+3,7%) anche a valore (+4,2%). Una situazione che dobbiamo augurarci non capiti mai al totale assortimento perché allora scatterebbe l’allarme rosso per tutti.

La Cura casa – che solitamente viene associata alla voce precedente – vive invece un momento simile a quello dell’alimentare secco con una depressione a volume pari a -3,9%, con un incremento rilevante del +9% a valore, più che raddoppiato rispetto al +4% dell’anno scorso.

Il trend a volume poi peggiora in tutti i reparti dell’alimentare confezionato perché la drogheria (che include tutte le categorie già analizzate) al +11,9% a valore affianca un -3,4% a volume.

L’ortofrutta a peso imposto rivela tutte le sue criticità con una forte contrazione delle vendite a volume (-4,8%) e +0,8% a valore. Molto simile alla drogheria è invece l’incremento dei freschi confezionati (+11,8%) così come il suo decremento a volume (-3,6%), mentre il freddo vive una crisi durissima a causa di straordinari incrementi inflattivi che determinano un -8,8% a volume (-2,4% nel 2022) e +5,7% a valore.

Il petcare è invece un’oasi felice: cresce sia a valore (+20,2%) che a volume (+3,2%).

Infine il vasto mondo del peso variabile dei freschi (calcolato per gli ipermercati e supermercati) che rappresenta una parte rilevante del fatturato generale della Gdo, soprattutto nel Sud Italia. Il comparto vive un momento fortunato a differenza del fresco confezionato, infatti pur venendo da una crisi dei volumi nell’anno scorso (-3,8%), nel primo trimestre di quest’anno ha risposto con +1,8% a volumi e +7,5% a valore.

In definitiva se il trend a valore è in forte crescita su gran parte dell’assortimento, quello dei volumi conferma, nel mese di marzo, il cattivo andamento iniziato a gennaio (nonostante un leggero recupero a febbraio). Una depressione che, guardando ai mesi precedenti, è partita ufficialmente a settembre, e tutto lascia intendere che con una crescita inflattiva che non accenna a fermarsi, possa essere ancora più consistente nei prosieguo di questo 2023. È infatti probabile che il calo dei volumi possa coinvolgere maggiormente l’area dei supermercati e ipermercati assestandosi un pochino nei discount. Tale scenario provocherebbe un decremento generale a volumi che potrebbe raggiungere il 7% da qui all’autunno.

Di sicuro questo primo trimestre ha confermato le difficoltà di qualche reparto dei freschi, come l’ortofrutta a peso imposto, mentre il resto della categoria ha avuto un andamento molto simile a quello del secco alimentare, con il peso variabile – che incide molto – che ha evidenziato una crescita sorprendente visti i tempi. Tempi che sono invece durissimi per i surgelati alle prese con gli incrementi dei prezzi in tutta la filiera, sia nella produzione che nella gestione, con i più alti incrementi assortimentali del largo consumo. Una crisi che potrebbe portare ad una revisione dell’assortimento all’interno del freddo, cosa che le aziende più organizzate della Gdo stanno già avviando, ma chissà che questo non determini anche una riperimetrazione degli spazi dei surgelati qualora la situazione non migliori.

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