Per la prima volta dopo tanti anni per avere un quadro più nitido e reale dell’andamento del 2022 occorrerà attendere i bilanci delle 11.500 aziende del mass market retail. Solo allora potremo dire se i dati sviluppati negli ultimi dodici mesi sono stati un bene oppure si sono rivelati insufficienti rispetto agli incrementi che si sono verificati. In attesa della parola definitiva è comunque utile analizzare i dati che NielsenIQ ha messo a disposizione di GDONews, relativi alle vendite di dicembre e, di conseguenza anche il dato progressivo di chiusura del 2022, che rimane un evento sempre molto atteso.
Cosa resterà allora di questo 2022 appena finito? Di sicuro si ricorderanno gli effetti dell’inflazione rispetto alla crescita di un mercato che è progredito in modo insano, portandosi dietro agli incrementi dei fatturati gli aumenti dei costi. Un mercato che dunque non ha dominato il vento ma anzi ne è stato dominato.
L’esempio più evidente che ci offrono i numeri riguardo il mese di dicembre, solitamente quello che realizza il fatturato più alto dell’anno (fra il 20% e il 25% del totale) grazie alla ricorrenza del Natale che produce un’ampia serie di cambi rispetto a quanto accade nei mesi precedenti. C’è ad esempio un’attività promozionale molto più consistente, rivolta soprattutto alle grandi marche, con un conseguente calo delle vendite dei prodotti a marchio.
Anche all’interno dei volantini, molti prodotti abituali come pasta, olio e sugo, lasciano il posto alle offerte delle ricorrenze. Le settimane che vanno dai primi di novembre al 10 gennaio sono cruciali, in particolare i quindici giorni precedenti al Natale e i sette subito successivi sono fondamentali per le vendite delle festività e di conseguenza per il fatturato del mese.
Guardando allora ai freddi numeri delle vendite di dicembre ’22 si potrebbe cantare vittoria perché NielsenIQ ci dice che l’incremento totale Italia – somma di tutti i formati di vendita – sull’anno precedente è stato del 10,9%. Come detto però non c’è nulla da festeggiare perché nel periodo analizzato l’inflazione sulle vendite della Gdo è stata del 15,1%. Se da un lato c’è stato un incremento dall’altro le vendite sono diminuite moltissimo.
È invece limitata a circa un punto percentuale la differenza fra il totale Italia e quello dei canali tradizionali come piccoli supermercati, supermercati, superstore e ipermercati, che hanno realizzato, a rete corrente, un +9,8% rispetto all’anno precedente, con la stessa inflazione, un risultato sicuramente incoraggiante in termini di fatturato ma in realtà estremamente negativo. All’interno dei formati le prestazioni migliori nell’alimentare sono state, nemmeno a dirlo, del discount (+14,3%) ma ottime performance sono arrivate anche dai superstore (+13,4%). I supermercati hanno reaizzato un incremento del +9,3% ed il Libero Servizio del +9,6% e gli ipermercati +7,5%.
Va sottolineato come questi canali di vendita siano stati affogati dall’inflazione che ha determinato un fortissimo calo dei volumi, scenario che auspichiamo non si ripeta anche in questo 2023 perché altrimenti la situazione diventerebbe ancora più preoccupante.
A questo punto però ci interessa rivolgere anche uno sguardo al dato progressivo dell’intero anno, iniziato all’insegna dell’inflazione poi deflagrata dopo marzo con l’inizio della guerra in Ucraina. La chiusura del 2022 è avvenuta con un +6,6% del totale Italia e +5,4% dei canali tradizionali estremamente positivo rispetto all’anno precedente. Quanto all’inflazione non è stata sempre al 15,1% di dicembre ma in media è stata comunque intorno al 10% determinando un calo dei volumi anche se non eccessivo.
Se vogliamo misurare il fatturato anche a rete omogenea – che esclude i nuovi negozi – notiamo che le dinamiche sono indicativamente le stesse: nel 2022 sono state interessanti le performance dei discount e molto meno quelle del resto del mercato. Nel mese di dicembre si sono distinti i discount (+10,3%) ed i superstore (+9,9%). Gli iper hanno incrementato del +6,2% (con inflazione altissima), i supermercati +8% e il Libero Servizio ha realizzato un incremento del 7,2%. Nel progressivo il totale mercato GDO ha totalizzato un incremento del +4,2%, i soli canali tradizionali del +3,9%, i discount hanno realizzato un incremento sul 2021 del +6,8%, i supermercati del +4%, i Liberi Servizi del +4,2% e gli ipermercati del +3,8%.
Per quanto riguarda i territori, i dati raccolti da Nielsen delineano uno scenario simile a quello dei formati: il mese di dicembre ha registrato le migliori performance in vendite a valore nel Nord-Est (+12,9%), davanti al Sud Italia (11,9%), al Centro (+10,4%) e al Nord Ovest (+9,4%). Prestazioni queste che fanno maggior riferimento ai prodotti del largo consumo, quindi tutto ciò che è peso variabile nei banchi serviti. Come abbiamo già visto sezionando i bilanci di tutte le aziende del mercato, i dati cambiano perché la buona performance dell’area 4 a dicembre, mutuata nel corso di tutto l’anno è probabile che sia soltanto una parte dell’assortimento, ovvero il largo consumo confezionato ma non del mercato. Il dato progressivo del 2022 vede il Sud Italia come zona di maggior crescita (+7,1%), seguita da area 3 (+7%), area 2 (+7%) e area 1 (+5,6%); un dato, anche questo, da prendere con le pinze perché spesso fa più riferimento a una parte dell’offerta che non a tutto l’assortimento.
Infine diamo un’occhiata all’offerta delle vari settori merceologici: il largo consumo confezionato ha vissuto una crescita pari al 7,5% come daato progressivo dicembre 2022, quindi leggermente inferiore al valore dell’inflazione. Il Freschissimo (PV+PI) ha registrato +6% soffrendo così più del largo consumo confezionato. Dobbiamo anche ricordare che ha accusato maggiormente l’inflazione in alcuni segmenti ma la drogheria ha subito stress molto rilevanti per gli allarmi inflattivi. Il no food, infine, ha avuto sostanzialmente una decrescita (sebbene incida molto poco).
Nell’ultima parte, dunque, il 2022 ha bruciato quanto di timidamente buono era stato fatto nel primo semestre. Come detto inizialmente, bisognerà attendere i bilanci perché guardando la parte alta dei fatturati, e quindi il valore, abbiamo visto numeri estremamente positivi ma questa volta, siccome l’incremento del fatturato non corrisponde a quello dei volumi – ma anzi è il contrario per l’inflazione – sarà evidente come l’aumento dei costi della grande distribuzione influirà sui bilanci. La parola definitiva su questo anno dovrà quindi essere posticipata: solo leggendo i bilanci potremo dire se sviluppare un +6,6% totale Gdo è stato un bene oppure se questa crescita (maggiore anche all’anno della pandemia) è stato troppo poco rispetto agli incrementi dei costi che si sono verificati.