
A Natale mangeremo panettone “salato”. Il rincaro dei prezzi di energia e materie prime sta inevitabilmente colpendo anche l’industria dei dolci da ricorrenza che per tenere in equilibrio i bilanci si troverà costretta ad aumentare i prezzi al pubblico. E quest’anno – per il Natale 2022 – sarà davvero durissima per la GDO mantenere il fortissimo tasso di promozioni che caratterizza il comparto (per panettoni e pandori si registrano punte di oltre il 50% e anche vendite di prodotti ‘civetta’ sotto costo) perché l’ondata inflattiva che si sta abbattendo sull’industria produttrice non risparmia i canali di vendita. Le trattative tra industria e retail per la definizione del listino prezzi per il prossimo Natale si stanno svolgendo in questi giorni e sono particolarmente serrate, gli accordi dovrebbero chiudersi a breve. L’ipotesi, come spiega Luigi Borrelli, Product Manager Private Label di Despar Italia, è che ci sarà “una maggiore sofferenza per i prodotti di fascia medio bassa, dove sarà difficile replicare prezzi e promozioni delle ultime campagne”.

Cosa dobbiamo aspettarci? “Alla data di oggi è molto difficile definire con ragionevole certezza i probabili andamenti del Natale 2022 – dice Marco Brandani, amministratore delegato di Maina -. Da un lato le tendenze inflattive sembrerebbero essere confermate nella loro intensità e nella loro direzione in quasi tutto il paniere Istat e quindi non solo nel settore energetico ed alimentare, così, al netto di straordinari interventi governativi, questi fenomeni potrebbero fiaccare un consumatore di per se già molto in difficoltà. Dall’altro lato è sempre doveroso ricordare la fortissima valenza celebrativa che il panettone ed il pandoro giocano nel vissuto individuale e collettivo a dicembre. Poi bisognerà conoscere quale tipo di strategie promozionali la Gdo deciderà di adottare in funzione di un mondo economico totalmente cambiato ed in transizione profonda”. Maina – che ha chiuso il 2021 con una crescita a volumi del 15%, recuperando almeno in parte le perdite di marginalità determinate dall’inflazione – punterà sulla flessibilità come strategia di risposta: “Siamo il secondo polo produttivo di tutto il settore dei lievitati da forno da ricorrenza – spiega Brandani –. Le nostre attività sono totalmente dedicate a questo mercato ormai da molti decenni se c’è una cosa che abbiamo imparato è quella di saper essere flessibili e rapidi di fronte a contesti in continuo mutamento. Gli ultimi anni non sono stati per niente facili perché la rapidità e l’intensità dei cambiamenti è aumentata a dismisura: la crisi pandemica, la crisi post-pandemica, la crisi ambientale, la crisi internazionale riconducibile ad un ordine mondiale in procinto di forte mutazione, la crisi politico-sociale domestica sono fatti sotto gli occhi di tutti. Credo che il nostro ruolo oggi debba rimanere quello di sempre ossia continuare a contribuire allo sviluppo di questo mercato preservando e stimolando il più possibile la nostra capacità di adattamento”.
Altri player probabilmente sceglieranno strade diverse, non esclusa la riduzione dei volumi prodotti. Trovare la quadra non sarà semplice perché i rischi sono maggiori che per altri settori alimentari: le vendite sono concentrate in un lasso di tempo brevissimo ed è quindi molto alto il rischio di trovarsi i magazzini pieni di prodotti invenduti; la pressione promozionale è tradizionalmente fortissima (con anche vendite sotto costo di prodotti civetta la cui funzione è attirare i clienti all’interno del punto vendita) ma nella prossima stagione sarà di fatto impossibile mantenerla ai livelli abituali, tranne che, almeno in parte, per i prodotti private label.

Il mercato italiano di panettoni e pandori vale oltre 700 milioni di euro di fatturato (secondo le stime di Unionfood) per quasi 100.000 tonnellate di dolci natalizi prodotti dai grandi soggetti industriali come Bauli, Balocco, Maina, solo per citarne alcuni. Le vendite transitano dai canali della GDO soltanto per una frazione, stante che gli ultimi dati (si veda l’articolo dedicato di questo focus) mostrano come in supermercati e ipermercati si crea circa il 36% dei ricavi complessivi (meno di 190 milioni). Come vedremo meglio in questo articolo, il trend degli ultimi anni è stato chiaro: le vendite vanno bene per i grandi player, ma ad avere letteralmente il vento in poppa è il segmento delle produzioni artigianali che vale “solo” un settimo del totale – poco più di 100 milioni di euro – ma cresce ad un ritmo superiore al 10% l’anno. Il comparto industriale segna il passo, con i pandori che perdono più dei panettoni. I panettoni industriali si confermano al momento il segmento più solido, nonostante abbiano subito una flessione del 2,5% nel corso dell’ultima campagna commerciale, generando circa 217 milioni di ricavi: la perdita di terreno è dovuta alle produzioni artigianali che fanno sentire il fiato sul collo soprattutto alla fascia premium degli industriali, quelli con prezzo superiore ai 10 euro.
A trainare la crescita delle produzioni artigianali – dice IRI – sono i consumatori più giovani, tra i 35 e i 44 anni, con maggiore potere d’acquisto e la predilezione per specialità ricercate: per avere un’idea della differenza di scala, un panettone industriale (anche grazie alle promozioni) al supermercato costa in media 4 euro, mentre un panettone artigianale arriva tranquillamente a superare i 25- 30 euro.
Le vendite di pandori e panettoni negli ultimi anni sono andate bene e anche l’impatto della pandemia è stato tutto sommato contenuto, con i produttori industriali che hanno scommesso sulle vendite online e i piccoli artigiani sul delivery (essendo chiuso il canale delle pasticcerie e dei bar). I dolci da ricorrenza insomma hanno retto il colpo: a cavallo tra l’ottobre del 2020 e il gennaio 2021 sono cresciuti del 3,2% in valore e del 2,2% in volume. E anche in un anno eccezionale si è confermata la preferenza per i prodotti artigianali e di qualità con il panettone artigianale che a fine 2020 è arrivato a raggiungere il 22% del volume di mercato e il 55% del valore.
I grandi produttori – che, come mostriamo nel benchmark di questo focus, sono per lo più aziende solide e ben gestite – hanno quindi davanti sfide poderose: devono contemporaneamente adattarsi alle nuove tendenze di consumo e salvare i conti dalle fiammate dell’inflazione.
Già lo scorso anno i prezzi per il consumatore finale erano saliti: secondo la CNA nel 2021 per un panettone artigianale di alta qualità i consumatori avrebbero dovuto mettere in conto rincari di circa un euro al chilo. Se sommiamo a questi numeri il dato dell’inflazione galoppante che è esplosa nel 2022 non è peregrino ipotizzare che un panettone artigianale di alta gamma per il Natale 2022 possa costare ai consumatori fra 40 e 50 euro. Come in molti altri segmenti del comparto alimentare, anche per i dolci da ricorrenza si assiste ad una progressiva polarizzazione dei consumi, dove a crescere sono gli estremi: discount da un lato, alta gamma dall’altro. Con questo devono fare i conti produttori e distributori.
“Al di là della costante crescita di quota del formato di vendita discount – chiosa l’Ad di Maina – un dato che risalta dalla lettura dei trend di consumo per categoria di prodotti è l’aumento degli acquisti di prodotti ad alto valore percepito, come gli incartati o astucciati da regalo, unito ad una crescita moderata, ma costante dei consumi di prodotti farciti specialmente al cioccolato”. Per questo motivo Maina ha “realizzato diverse proposte molto interessanti e innovative nell’ambito del mondo dell’alto di gamma settore nel quale ci è riconosciuta una certa capacità di saper fare e ha in serbo diverse novità nel mondo dei panettoni e pandoro al cioccolato”.
Sul versante opposto – per respingere l’assalto dei discount – si cercherà nei limiti del possibile di tenere alto il livello delle promozioni anche nella prossima stagione. Spiega bene Borrelli di Despar Italia: “La negoziazione con le aziende produttrici è sicuramente più serrata e difficoltosa rispetto agli anni precedenti. Ma la politica promozionale sulla MDD non dovrebbe cambiare e l’obiettivo è contenere al massimo l’inflazione sui prodotti a marchio Despar”.