giovedì 12 Settembre 2024

Gli errori (forse) fatali delle catene di negozi specializzati BIO

Che i negozi bio specializzati siano in crisi non è una novità ma, sebbene anche ai non addetti ai lavori appaia chiaro come la GDO convenzionale abbia negli anni mangiato spazio ai players specializzati, ai diretti interessati è sembrato quasi un proverbiale fulmine a ciel sereno.

E sì perché, dopotutto, il biologico è un segmento di mercato in cui gli operatori specializzati, soprattutto grossisti che, nel tempo, si sono dotati di insegne da apporre sui negozi dei propri clienti, hanno dominato incontrastati per oltre quarant’anni.

Il primo errore di tali operatori è stato quello di credere fermamente che, alla fine, avrebbero mantenuto sempre e comunque la loro posizione di vantaggio e che, dunque, l’emorragia di clientela che lasciava i loro negozi per dirigersi verso un bio conveniente, distribuito dai supermercati, avrebbe rappresentato solo una turbolenza passeggera.

Insomma, il primo errore è stato quello di fare un distinguo fittizio tra bio vero (venduto dagli specializzati) e bio falso (venduto dalla GDO). I dati ci hanno mostrato, invece, che il bio è uno, quello certificato dagli enti preposti ed il cliente si fida di tali enti e non necessariamente di questa o di quella insegna, specie quando di mezzo c’è una differenza di prezzo ragguardevole.

Il secondo errore è stato quello di agire al contrario di quanto previsto – diciamo – dalla norma di quelli che la GDO ha imparato a chiamare “Category Killers”, ovvero gli operatori specializzati nelle varie categorie.

Ogni grande area di mercato ha infatti il proprio o i propri specialisti, pensiamo ad esempio a MaxiZoo ed Arcaplanet per il petfood o a Tigotà, Acqua & Sapone e Risparmio Casa nella detergenza o ancora a tanti e differenziati attori del mondo del surgelato.

Generalmente, l’Industria di Marca ha tutto l’interesse a fornire prezzi vantaggiosi agli specializzati per tutti quegli articoli che i supermercati convenzionali, per problemi di spazio, non riescono a trattare, articoli di una determinata gamma o categoria che prevedono un’ampiezza ed una profondità assortimentale che il supermercato non è spesso in grado di garantire.

Il ruolo dei Category Killers diventa dunque quello di essere più competitivi dei supermercati sugli articoli comparabili e guadagnare margine e fedeltà sui non comparabili.

Ovviamente, in questo, vengono aiutati dall’industria che, come detto, intende tutelare coloro che vendono le sue linee specifiche applicando in loro favore condizioni agevolate. Va da sé che più gli assortimenti dei fornitori sono sbilanciati su tali prodotti specialistici, più aumenta la tutela commerciale già citata.

Nel mondo del bio, invece, questo non è accaduto. Spesso, le catene di negozi biologici specializzate hanno visto l’Industria di Marca come fumo negli occhi impedendole di entrare negli assortimenti, ed hanno reagito alla perdita di vendite mantenendo i prezzi elevati. Si sono arroccate sui propri marchi MDD nella speranza che i consumatori non li paragonassero ai prodotti dei supermercati e, per assurdo, hanno contribuito a creare il paragone tra MDD dei negozi specializzati e prodotti biologici di marca che, invece, hanno iniziato a confluire ininterrottamente all’interno degli assortimenti della GDO convenzionale.

Il secondo errore è stato dunque quello di non fidarsi dell’Industria di Marca, dando troppo peso alla propria MDD, posizionandola spesso, tra l’altro, fuori mercato.

Il terzo ed ultimo errore, invece, lo hanno fatto proprio molti di quei fornitori che costituivano il cuore pulsante degli assortimenti dei negozi specializzati, ovvero quei grossisti che, servendo anche la GDO convenzionale con le stesse linee dei negozi bio a prezzi vantaggiosi, hanno reso chiaro ai clienti che a tali stores era rimasto poco da offrire rispetto ai supermercati, in termini di assortimento ma soprattutto di convenienza.

Nel tempo, come da prassi, le catene di supermercati hanno aumentato vertiginosamente la presenza della propria MDD bio sugli scaffali, a scapito dei prodotti dell’Industria. I clienti di tali prodotti, ne deduco, rimarranno orfani.

 

 

Massimo Schiraldi
Massimo Schiraldi
Fondatore e Amministratore della Netbound, società specializzata nel management consulting indirizzato al Retail ed all’industria alimentare, è appassionato del commercio in tutte le sue forme. È stato membro del CdA ed Amministratore Delegato di società operanti nella produzione e distribuzione di beni di largo consumo. Ha viaggiato in Europa e negli Stati Uniti (dove ha risieduto) per analizzare le formule di retail con le migliori performance. e-mail: m.schiraldi@netbound.net

2 Commenti

  1. un commento percettivo personale: le catene di negozi specializzati BIO, in generale, non hanno mai smesso di indossare l’eskimo. Bio e naturale non significa triste ed immusonito. Finiti i clienti storici i giovani si riconoscono meno in questa spartanità che oggi è diventata stucchevole.

  2. Perché allora non inserire negli assortimenti degli “specializzati” che stanno morendo i prodotti convenzionali?
    Fare dei test e vedere come va; a mio modo di vedere sicuramente andrà bene!!

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