Se un responsabile finanziario di una qualsiasi azienda fornitrice della GDO ritiene che attraverso l’analisi e lo studio dei bilanci (e magari del solo ultimo bilancio) del cliente sia possibile valutare suo il rischio finanziario, si sbaglia di grosso. La GDO italiana è molto complessa e non esiste nessuna assicurazione del credito e nessun bilancio dei gruppi della DO che possano dare certezza della loro reale situazione economico finanziaria.
Quell’imprenditore che vende un alto valore di merce ad un gruppo della DO deve conoscere perfettamente il rischio che si sta assumendo, e questo non succede mai.
Detto ciò è, però, necessario aggiungere che oggi la grande distribuzione italiana è meno instabile rispetto al passato, oramai i venti forti che hanno portato estrema fragilità sono terminati ma, ancora oggi, esistono imprese della GDO più fragili di altre, e l’importante è essere a conoscenza di tali rischi.
Lo studio è stato realizzato dal dott. Giuseppe Di Napoli, analista finanziario ed esperto di Grande Distribuzione. Il dott. Di Napoli lavora in GDO per diversi gruppi del mass market retail ed è anche consulente di diverse aziende fornitrici. Le sue analisi permettono alla GDO di tenere sotto controllo il rischio default potenziale delle aziende fornitrici, soprattutto se nella sfera operativa della Private Label, ed allo stesso tempo permettono all’industria di calcolare perfettamente il rischio d’impresa nelle forniture al variegato mondo della DO nazionale, permettendo di realizzare vendite in sicurezza senza utilizzare l’ombrello, spesso poco utile, delle assicurazioni del credito.
Come si fa a riconoscere la fragilità dei gruppi della GDO? Si torna al punto di partenza: non dai bilanci dei gruppi a cui si vende: questo deve essere molto chiaro a tutti. Salvo il caso in cui un retailer sia proprietario dei suoi negozi, in tutti gli altri casi l’analisi deve essere differente.
Facciamo un esempio per comprendere meglio: una qualsiasi azienda sul mercato se ha molti clienti ed il suo fatturato si parcellizza in centinaia di clienti gode di un minor rischio di vita, soprattutto se la maggior parte di quelli è fedele negli acquisti e solida economicamente. Se, al contrario, un’azienda ha molti clienti ma la grande parte delle vendite la rivolge a pochi, il futuro di chi vende dipende dalla fedeltà e dalla forza economica di chi acquista da lei.
E’ chiaro il concetto? I clienti, nell’esempio qui sopra, sono gli affiliati ai gruppi a cui si vende la merce. Analizzare le aziende della DO significa analizzare le dinamiche che esistono nella fatturazione agli affiliati, che è assolutamente indispensabile per avere certezza dell’incasso. Nella realtà dei fatti, salvo qualche centinaio di fornitori di grandi dimensioni e ben strutturati, le migliaia di altre aziende di produzione che si rivolgono alla GDO non hanno la minima idea dei rischi che si annidano nella parte finanziaria del gruppi.
La scorsa settimana, come primo esempio della variegata DO italiana, abbiamo voluto portare alla luce le dinamiche legate ad un importante protagonista della Sicilia della GDO, la società Ergon. Nella prima pubblicazione abbiamo esposto la sua analisi di rischio finanziario ed abbiamo messo in evidenza alcuni aspetti che vale la pena ripetere: Ergon è di proprietà del gruppo Syneos, quindi è una società che ha come proprietà un’altra (la capogruppo), la quale si dichiara “incentrata sulla centralità del cliente e quindi delle sue esigenze di consumo, offrendogli, tra l’altro, tutti i format distributivi e rendendo il Gruppo l’unica azienda con la multicanalità compiuta. Dall’ingrosso (anche attraverso i Cash & Carry) a tutti i formati di dettaglio”.
In buona sostanza Ergon, si è scritto, è un pezzo dell’ingranaggio di Syneos, la quale si completa con altre imprese, le quali si rivolgono direttamente al consumatore finale, anche nel formato Cash&Carry. Quindi, per tornare all’esempio di cui sopra, Ergone compra la merce dai fornitori e la rivende (rifattura) alle sue “sorelle” ed anche, però, ad altri affiliati.
La scorsa settimana abbiamo, alla fine dell’analisi, attribuito una valutazione finale del rischio di impresa alla ragione sociale Ergon Consortile, spiegando che l’azienda otteneva un giudizio quantitativo (del rischio) poco al di sotto della sufficienza (46 su 100, dove la sufficienza si raggiunge a 50 punti), mentre l’analisi qualitativa del rischio (dimensione, assetto giuridico e organizzativo, strategie, persone, notorietà, rischio clientela e fornitura, pianificazione e controllo, ecc…) che viene effettuata su informazioni pubbliche, aveva portato invece ad un giudizio pienamente positivo, il quale in parte bilanciava il risultato insufficiente dell’analisi quantitativa, portando ad un miglioramento del giudizio finale sul rischio finanziario. Questo per quanto riguarda la ragione sociale Ergon Consortile.
Oggi analizziamo, invece, le imprese alle quali Ergon rivende, sia le sue “consorelle” di Syneos sia tutte le altre aziende affiliate, per capire se quali basi di solidità si fonda tutto il business dell’organizzazione.
Ergon nel 2020 portava a bilancio un fatturato pari a 499,4 milioni di euro, che sono in buona sostanza il risultato delle vendite di Ergon alle aziende del gruppo (siano esse affiliate oppure affiliate ma appartenenti alla stessa Syneos, vale a dire Medial Franchising, Merkant e Alioto). Rifacendoci ancora all’esempio sopra è importante avere presente che chiunque venda al gruppo Ergon deve sapere che l’analisi della rischiosità non può prescindere dall’esaminare i soggetti che gestiscono i punti vendita, perché sta lì il vero valore e quindi il rischio potenziale.
Come si distribuisce il fatturato di Ergon? Il peso di alcune aziende è preponderante al punto da essere fondamentali per il rischio economico della stessa Ergon? E queste aziende sono solide oppure sono fragili?
Entriamo nel merito di queste domande e diamo loro tutte le risposte.
L’analisi dei ricavi e dei costi di acquisto relativi ad Ergon, alle sue tre sorelle ed al resto degli affiliati mostra quanto segue:
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