Nel febbraio di quest’anno in un articolo pubblicato su “Il Sole 24 Ore” relativamente alle performance del Gruppo Ferrarini si spiegava che “Secondo i dati dell’Iri Information resources, che monitora puntualmente l’andamento delle vendite nella grande distribuzione, nel segmento dei salumi il gruppo Ferrarini è tra quelli che ha messo a segno la crescita più alta: +15,2% in volumi e +12,5% in valore. Se prendiamo solo i gruppi del segmento salumi con ricavi nella Gdo superiori ai 100 milioni l’anno, Ferrarini è addirittura al primo posto per percentuali di crescita. Numeri alti, se si considera che l’aumento medio del comparto l’anno scorso è stato solo del 2 per cento. Il merito è tutto della qualità del prodotto – sostiene Lisa Ferrarini – visto che come gruppo abbiamo fatto la precisa scelta di non ricorrere alla pubblicità in tv. Puntiamo sul passaparola. E anche su una rete di 200 venditori monomandatari, che sui punti vendita promuovono solo il nostro marchio.”
Lisa Ferrarini è, tra l’altro, vice Presidente di Confindustria. Nell’articolo si faceva riferimento alle straordinarie attività di export dell’azienda. “Ferrarini non cresce solo in Italia, ma anche all’estero, che ormai rappresenta un quarto del fatturato del gruppo. Il mercato spagnolo sta crescendo in maniera eccezionale per noi – racconta la presidente – ma anche negli Stati Uniti registriamo aumenti importanti, paragonabili a quelli delle vendite nella Gdo italiana.”
Dopo pochi mesi si scopre che l’azienda è molto indebitata e che è a rischio default. A Luglio si legge da Repubblica on line “L’azienda avrebbe depositato in tribunale a Reggio Emilia una richiesta di concordato preventivo cosiddetto “in bianco”, strumento giuridico che permetterebbe di congelare per quattro mesi i debiti (che a fine 2017 risultavano intorno ai 250 milioni) e lavorare ad un piano di ristrutturazione.” E poi ancora dal quotidiano on line reggiosera “La situazione è drammatica. L’azienda ha più di 250 milioni di debiti. Da maggio non vengono pagati gli stipendi agli impiegati, mentre agli operai è stato pagato solo il 60 per cento di maggio. Ieri la Ferrarini ha chiesto la cassa integrazione straordinaria per i dipendenti di Reggio e di Parma a partire dal prossimo 1° agosto. Per il 3 agosto è convocato a Roma il tavolo di crisi al ministero dello Sviluppo Economico.”
Le ultime notizie riportate da Reggioreport sono le seguenti: I commercialisti Bruno Bartoli e Franco Cadoppi, rispettivamente commissari giudiziali dei concordati Ferrarini e Vismara, stanno accelerando i tempi per il piano industriale e lo scorporo di rami d’azienda destinati ad essere venduti per alleggerire la situazione debitoria del gruppo alimentare Ferrarini di Reggio-Rivaltella, leader nazionale del prosciutto cotto (debito olte gli 280 milioni di euro) e soddisfare gradualmente i creditori. Sarebbe imminente l’arrivo di una importante società di consulenza tedesca, con filiale a Milano, per la stesura dei business plan da presentare al giudice delegato Stanziani Maserati entro 120 giorni (dal 27 luglio scorso, più il periodo feriale del tribunale). Un piano basato sostanzialmente sul mantenimento in capo al gruppo Ferrarini della sola attività storica del prosciutto: un sentiero stretto, soprattutto in relazione all’entità del debito per quasi la meta detenuto da Sga, bad bank del Ministro Economia, ma reso percorribile dalle cessioni dei rami d’azienda “crudo” con la stagionatura di Langhirano e dei salumifici Vismara. A questi ultimi, secondo le indiscrezioni riportate dalla Voce di Reggio settimanale, sarebbe interessata la Negroni Spa di Cremona, azienda storica del settore. Per la produzione di prosciutto crudo, di cui si sta occupando direttamente Lucio Ferrarini, sarebbero in corsa tre possibili acquirenti: Ugo Annoni Spa, industria alimentare di Collecchio, la Cav. Umberto Boschi di Felino e Casale Spa. Intanto l’evoluzione della crisi del gruppo Ferrarini è attentamente monitorata in via dell’Astronomia all’Eur, sede nazionale di Confindustria, per la posizione delicata di Lisa Ferrarini, a.d. del Gruppo finito in concordato, che è anche vicepresidente nazionale degli industriali italiani, con deleghe importanti conferite dal presidente Boccia. L’esigenza di far presto col piano di ristrutturazione e le cessioni, nasce anche dalle tensioni crescenti tra i lavoratori ( in contratto di solidarietà nelle sedi di Reggio e Parma, mentra in Lombardia è scattatala cassa integrazione) per i ritmi di lavoro particolarmente pesanti, per il fatto che i dipendenti ora devono acquistare non solo il materiale antifortunistico. ma pesino i guanti in lattice e la carta igienica – queste almeno le notizie riportate da alcuni lavoratori – ma soprattutto perché le mensilità di maggio, giugno e tre settimane di luglio sono per il momento “congelate” nel concordato. Entro settembre i lavoratori saranno chiamati a eleggere le rappresentanze sindacali aziendali.