Auchan vuole voltare pagina: sarà una rivoluzione, ad iniziare dalle insegne

Basta con i parenti. La crisi del colosso francese Auchan, quinto al mondo con 54 miliardi di euro di fatturato consolidato (15 solo in Francia), un migliaio di ipermercati in 16 paesi e 337 mila dipendenti, è talmente grave («très grave» confessa un analista alla vigilia della presentazione del bilancio 2016, domani 8 marzo, al quartier generale di Villeneuve-d’Ascq, Lille, profondo nord della Francia) che per la prima volta nella sua storia il gruppo più chiuso e familistico del capitalismo francese, la famiglia Mulliez, terza ricchezza del paese (37 miliardi di patrimonio secondo le stime del settimanale Challenge’s), ha deciso di giubilare dopo 11 anni di «regno» il gran capo, Vianney Mulliez (nella foto), cinquantenne, nipote del fondatore Gerard Mulliez (che a 84 anni continua, lui sì, a regnare sull’Association Familiale Mulliez, 1.300 tra figli, nipoti, cugini e cognati) e di sostituirlo con due manager esterni anche se hanno fatto tutta la carriera nel gruppo.

Il primo, forse il più importante perché dovrà occuparsi della riorganizzazione del retail, delle vendite e del modello di business in questo momento in affanno (con un calo del fatturato e una crescita del margine operativo troppo bassa), arriva dall’Italia, dove è riuscito a gestire, l’anno scorso, un migliaio di esuberi e a tagliare un centinaio di milioni di costi senza sfracelli con il sindacato. È Patrick Espasa, un manager francese cresciuto nel gruppo, dieci anni in Italia e ora alla guida della divisione retail.
L’altro, Régis Degelcke, è anche lui cresciuto con i Mulliez, anni e anni al gruppo Adeo (Leroy Merlin e Brico Center) ed è considerato l’uomo giusto per rimettere a posto i conti della holding e appoggiare gli sforzi del suo collega Espasa.

La conferma arriverà domani quando, dopo la presentazione del bilancio 2016 che non dovrebbe discostarsi troppo dai 54 miliardi del consolidato 2015, darà il suo «placet» al piano di ristrutturazione di Espasa, «l’un des projets les plus ambitieux de l’histoire d’Auchan», uno dei progetti più radicali e ambiziosi bella storia di Auchan, come fanno sapere, con comprensibile emozione, le fonti aziendali.

Di che si tratta? Innanzi tutto di una redefinizione del brand. Basta con quella galassia d’insegne, tipo Simply Market, Atac, A2Pas, che in questi anni hanno creato solo confusione nel consumatore senza veicolare un messaggio di qualità dell’offerta commerciale e di efficienza della catena.
D’ora in avanti i 256 supermercati di Auchan in Francia (e poi si passerà agli altri Paesi) si chiameranno Auchan, facendo leva sulla «reputation» del nome dell’insegna creata dal patriarca Gerard Mulliez nel 1961. Solo due insegne, Auchan Supermarché e MyAuchan per i punti vendita di prossimità, 300 metri quadrati al massimo nel cuore delle città, nuovo modello distributivo fortemente integrato con la logistica, i servizi di consegna della spesa a domicilio, e con l’e-commerce.

Anche su questo punto, il piano di Espasa punta sulla semplificazione: un solo indirizzo (www.auchan.fr) per aggregare i vari, troppi siti di e-commerce, fioriti in questi anni. Il portale unico, quasi un aggregatore di tutti i servizi offerti dalla catena, servirà a fidelizzare i clienti e a semplificargli la vita.
«On veut être la première enseigne phygitale en France», vogliamo essere la prima catena «fi-gitale», ha dichiarato con un ardito neologismo, Espasa in un’intervista al quotidiano di Lille, La Voix du Nord, giustamente preoccupato che il piano Auchan, con tutti i suoi processi di razionalizzazione, comporti alla fine il taglio di posti di lavoro soprattutto nei dipartimenti del nord, già colpiti dallo «chomage», dalla disoccupazione.

Poi Espasa ha chiarito che «fi-gitale» non è un giochino linguistico ma un nuovo modello di business che mette insieme il «negozio fisico» con il «negozio digitale» per cui saranno investiti nei prossimi anni 143 milioni di euro. Che non è una cifra da poco.
Così come non sono un investimento da poco gli altri 785 milioni di euro destinati all’ammodernamento di tanti magazzini Auchan (anche qui, prima in Francia e poi negli altri paesi). Si lavorerà soprattutto sui magazzini di prossimità, quelli con la nuova insegna MyAuchan a cui Espasa ha affidato il compito di far crescere (almeno il 20%, spiega) il fatturato.

Il modello è il MyAuchan, appena riaperto, di rue de Vaugirard, la bella via che attraversa tutto il quartiere latino (nel 5° arrondissement) per arrivare nell’elegante 16°. In pochi mesi il giro d’affari del MyAuchan parigino è cresciuto del 20%. Al punto da far dire al leader sindacale interno della CFTC (la Cisl francese), Bruno Delaye, che «ce projet de marque unique est ambitieux qui peut entraîner les équipes», si tratta di un progetto ambizioso, come non se ne vedevano da anni in Auchan, e può servire a tutelare l’occupazione.
In effetti, è la prima volta che la famiglia Mulliez decide di giocarsi il tutto e per tutto (mettendoci 1,3 miliardi di euro di tasca propria, visto che Auchan non è quotata in Borsa) per cancellare questi anni neri e fare di Auchan «le fleuron», il gioiello della gdo francese com’era un tempo.

 

[via italiaoggi]

3 Commenti

  1. Auchan è una catena allo sbando più completo. Da tempo non ne stanno più azzeccando una, a cominciare dai format. Hanno cominciato all’inizio ad uniformare le offerte dei supermercati di prossimità con gli iper d’attrazione. Ora hanno in pratica allineato le offerte degli iper di attrazione con quelle degli iper di Auchan. E non finisce qua, perchè la private label Simply non esiste più. Questo accade quando manager superpagati non sanno più quale direzione seguire. Eppure se si desse maggior ascolto alla clientela magari si potrebbe provare ad innovare gli scaffali. Non esiste solo il prodotto del leader market. E qui il discorso diventa infinito…

  2. Il problema sono i compratori che io chiamo Generali che non vogliono più ascoltare i capi reparto che io chiamo Capitani
    I quali sulla prima linea comunicano i loro problemi e le richieste del cliente ma non vengono più ascoltati questo ha fatto perdere al gruppo un bel 30% di fatturato

  3. Il problema sono le aperture di qualsiasi insegna supermercati e discount, senza un minimo di studio di superficie di vendita per abitanti. lo stato se ne frega, tutti dentro l’arena a scannarci Resteranno solo i resti di tutti noi. I prodotti di volantino incidono nelle vendite dal 45 al 60%.Le vendite calano per la crisi, per le nuove aperture, tantissime anche nel comparto discount, i margini si sono ridotti di 3/5 punti %.
    Siamo tutti al collasso.Buona fortuna a chi resterà. Certo non i piccoli che lavoriamo con le nostre forze e con onestà.

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