Dopo anni di calma piatta, stiamo assistendo a interessanti rivoluzioni nei format: nuovi modelli, modifiche, restyling. Parliamo con l’Amministratore Delegato di Conad, Francesco Pugliese per capirne i risultati e quali saranno le tendenze dei prossimi anni.
D. I nuovi format a insegna brand sembrano avere molto successo, saranno il futuro della Distribuzione?
R. «Siamo stati i primi a seguire questa tendenza, oggi abbiamo 13 negozi Sapori&Dintorni con un fatturato molto interessante che va dai 12 mila fino 22 mila euro m², dal doppio a 4 volte la reddittività media di un supermercato. Funzionano benissimo in tutte le città da Napoli a Roma, da Rimini a Parma, è chiaro che questo (format) non può essere una risposta generalizzata, ma una bella innovazione di nicchia in alcune realtà. Il tema vero è che, grazie a questo noi stiamo rivedendo tutti i negozi di prossimità, e quindi dovranno somigliare di più a questo tipo di offerta Sapori&Dintorni. Oggi la gente ha meno bisogno di calorie e di cibo ma vuole mangiare meglio. Le tendenze vanno tutte verso la riscoperta dei prodotti legati al benessere e al territorio, siamo leader in questo settore e abbiamo il dovere di rinnovarci».
D. Il brand è una buona formula anche per l’estero, come procede il vostro progetto?
R. «Molto bene, il nostro progetto prevede di portare i prodotti non direttamente ma tramite Distributori, abbiamo accordi con Edeka, Intermarché, Eroski, Coop Swiss e Colruyt: chiuderemo l’anno a 54 milioni di euro di prodotti che portiamo in queste catene. Inoltre, abbiamo trattative in corso con una catena finlandese e una serba.
Siamo il riferimento per gli acquisti di prodotti nazionali, c’è una forte richiesta di beni italiani e la risposta più corretta sembra essere quella dei distributori, in quanto organizzare una linea è molto complesso e richiederebbe di valutare molte singole aziende. Il prodotto del distributore in questo senso fornisce semplificazione e garanzia. D’altra parte anche portare i propri prodotti all’estero non è semplice e più che una formula diretta molto impegnativa, sembra funzionare la collaborazione con la Distribuzione che è già sul territorio».
D. Negozio di nicchia (es. S&D) e discount, due format distanti che rispondono a una nuova distanza sociale?
R. «La distinzione, per quanto riguarda i format, la facciamo noi, è solo nostra. Se chiediamo alla gente “Dove vai a fare la spesa?” ci risponderanno “nel negozio sotto casa, nel super o nell’iper”. Il consumatore distingue per vicinanza e grandezza, l’Iper lo identifica esattamente come noi per significato diretto della parola ma Discount, Superette etc. sono termini che non riconosce. Del resto Il Discount non è nient’altro che una visione differente di Supermercato. Al suo interno, oggi più che mai, ci sono marche industriali, molti prodotti freschi, panetterie e le differenze sono minime. In più, al contrario di quello che si pensa, non c’è stato un abbassamento della qualità ma innalzamento.
Quello che era il vantaggio competitivo degli anni ‘90 della grande impresa industriale, che si differenziava dal resto della produzione unbranded, oggi non esiste più. La pasta Barilla oggi è identica a molte altre, basta farla con il 12% di proteine e meno ceneri, non c’è più la Barilla con la tecnologica dell’alta temperatura, oggi più o meno l’hanno tutti. Questo vale per la pasta ma anche per qualsiasi altro prodotto. Pertanto si può riuscire a offrire un buon prodotto, per esempio la nostra proposta di marca privata ha un ottimo successo con un’incidenza del 27%, segnale che piace e continuano a comperarla. Il consumatore riconosce qualità, è disincantato e compra i prodotti dove è opportuno e trova le risposte ai propri bisogni, quindi non c’è un supermercato ma ci sono diversi punti vendita di cui si serve. Non c’è esclusività, e in questo contesto il Discount è un supermercato come gli altri».
D. Che cosa differenzia i format allora per il consumatore?
R. «La nostra capacità deve essere quella di “trattenere” i clienti e la loro disponibilità di spesa nella propria insegna, in questi termini la partita è diventata più difficile, così come la gestione della marca e dell’immagine.
La marca oggi deve essere studiata strategicamente e sostenuta da azioni nel tempo differenziandone l’offerta e la canalizzazione.
Tutto oggi è più omologabile, la differenziazione è la chiave di volta».
D. Il format di successo sembra comunque essere quello di Esselunga, ove tutti tendono, almeno in termini di m², cosa ne pensa?
R. «Il modello Esselunga è irripetibile in Italia e in Europa. Nessuno ha le performance di Esselunga, fare un modello uguale al suo per gli altri è un suicidio. Occorrerebbe avere una struttura identica alla sua: le macchine sono tutte uguali, un processo altamente industrializzato. Non so se questa gestione sarà anche nel futuro la più efficiente, certo è che negli ultimi 5 anni solo due catene anno presentato una crescita costante e sono Esselunga e Conad, quindi noi guardiamo a loro, ma sicuri che anche loro guardano un po’ a noi».
Mi trovo d’accordo con il Dott. Pugliese per quanto riguarda la scomparsa della differenza tra prodotto di marca e prodotto unbranded. Il consumatore è diventato intelligente e non si lascia più incantare dalla marca, ma cerca qualità ad un prezzo concorrenziale. La strategia dello scaffale sta scomparendo, anzi consiglio i retailers, se sono interessati a sopravvivere, di differenziare il proprio scaffale anche a favore di aziende più piccole e magari meno famose, non esiste che Barilla debba occupare un intero scaffale a scapito di altri.
Una domanda mi piacerebbe porre al Dott. Pugliese, chiedendogli se teme Selex, visto e considerato che è un’impresa che sta presidiando molto bene il suo territorio di riferimento, esaltando e specializzandosi sui freschi.
Ps: nella penultima riga, aggiungete l’acca al verbo avere