Voglia di pasta italiana senza frontiere, ma per continuare a macinare nuovi record i produttori devono saltare le barriere erette da alcuni Paesi e rispondere agli atti di concorrenza sleale. Per questo da metà giugno si costituirà una cabina di regia a livello ministeriale.
Intanto il 2014 si è chiuso con un buon risultato: secondo i dati di Aidepi, l’associazione di pastai e dolciari, la produzione ha raggiunto i 4,63 miliardi di valore (4,55 l’anno prima) e i 3,46 milioni di tonnellate (3,4 milioni) mentre l’export è cresciuto del 3,6% in volume (1,971 milioni di tonnellate) e del 3,5% in valore (2,087 miliardi di euro). Nel primo bimestre del 2015 l’export, secondo i dati di Federalimentare, si è rafforzato, salendo da 363 milioni a 379.
Nella Top five 2014 delle destinazioni si confermano Germania, Regno Unito, Francia, Stati Uniti e Giappone. Questi cinque paesi hanno acquistato complessivamente circa il 57,5% dell’export italiano di paste alimentari (circa 1,2 miliardi di euro).
L’Europa si conferma l’area geo-economica di maggior assorbimento di pasta italiana: assorbe il 73,6% dei volumi e il 73,2% dei valori esportati. In ambito europeo mantiene la leadership la Russia con circa 60mila tonnellate di paste alimentari (+11,5% rispetto al 2013), per un valore di circa 55 milioni di euro (+10,8%). Ma la pasta italiana ha continuato a guadagnare consensi anche su altri mercati lontani. Oltre agli Stati Uniti, continua l’ottima performance del mercato colombiano (3,5 milioni di euro, +30%). La performance dell’area asiatica continua, complessivamente, ad avere un trend positivo: oltre 215mila tonnellate (+4,3%) per un valore di 203 milioni di euro (+0,7%).
Nel dettaglio, oltre al Giappone che fa la parte da leone, si registrano trend molto positivi di Israele (+13,1% in valore), Corea del Sud (+9,9%) e Cina, in cui abbiamo esportato circa 15.500 tonnellate (+38%) per un valore di 13,3 milioni di euro (+30%).
Quanto alla cabina di regia, il presidente di Aidepi Paolo Barilla sottolinea che «la prima convocazione dovrebbe avvenire a metà mese. Siamo molto fiduciosi». L’obiettivo più generale è di fare della pasta una filiera sempre più integrata e competitiva sui mercati esteri, in grado di respingere la concorrenza (a volte sleale) dei competitor e limitare i danni arrecati dai dazi di stampo protezionistico.
«La pasta è un settore rilevante dell’economia italiana – aggiunge Barilla, a margine di un evento sul “no alle diete no carb” – ma rischiamo di cedere il passo ad aziende non italiane, che, supportate da politiche di governo incentivanti, hanno finito con il comprimere i margini delle imprese. Le concause del fenomeno sono diverse, ma bastano la crisi dei consumi, la stretta creditizia e l’elevata capacità produttiva installata inespressa, pari al 33% circa».