
Questa settimana ho letto e condiviso un interessante articolo sul sito del Corriere delle Sera, che riportava 4 storie di altrettanti cinquantenni (intervistati dai giornalisti Silvia Pagliuca e Fabio Savelli), i quali raccontavano la loro positiva esperienza professionale legata alla ripartenza con un nuovo lavoro. Sono probabilmente storie simili a tante altre, ma che vi invito, come sempre, a leggere ed approfondire perché ricche di passaggi che parrebbero secondari e che invece sono – a mio avviso – i punti chiave nel motore del loro positivo cambiamento.
Mi vorrei soffermare sulla storia di Patrizia che tra le varie esperienze ha evidenziato un paio di punti fondamentali sui quali vorrei soffermarmi. Nel racconto, tra le varie esperienze dice testualmente …. “ ….Ho avuto bisogno di ricominciare davvero dalle piccole cose. Mi sono chiesta, ad esempio: cosa scrivo nel curriculum? In che modo affronto un nuovo colloquio? Per questo ho colto al volo l’opportunità offertami dalla vecchia azienda di partecipare a un programma di outplacement pensato per ricollocare sul mercato chi come me si ritrovava senza lavoro…” e ancora “ …. e’ molto importante confrontarsi con altre persone che, come te, stanno attraversando un momento di cambiamento. Hai bisogno di un supporto pratico, per tornare a essere parte attiva sul mercato, ma cerchi anche qualcuno che ti sostenga psicologicamente…”. Esito positivo: trovato un nuovo lavoro che la qualificasse al meglio rispetto alle sue potenzialità, ovviamente non sotto casa, ma con po’ di flessibilità, ha ritrovato lavoro, autostima, professionalità e nuova vita.
Bravissima “Patrizia” e bravi tutti quelli che come lei hanno avuto il coraggio di ricominciare, di ripartire, di rimettersi in gioco soprattutto con la formazione individuale, con percorsi personali, con lo studio e perché no, facendosi guidare, aiutare e sostenere da alcuni counsellor.
Due punti chiave: la formazione individuale e “farsi aiutare”.
La formazione comportamentale (sia individuale e, a mio avviso, anche quella di gruppo) dovrebbe essere vista come un oasi nel deserto della nostra quotidianità. Un momento dove potersi fermare, confrontare con se stessi, a volte anche in gruppo; spesso nei nostri percorsi diciamo che la migliore forma di investimento sul futuro è quella sullo sviluppo e/o riattivazione delle proprie competenze, sia quelle relazioni (chi sono) che gestionali (cosa so), sia quelle tecniche professionali (cosa so fare) che quelle del proprio empowerment (chi potrei diventare). Solo se messe in grado di tirare fuori il meglio di sé, le persone avranno relazioni e rendimenti che faranno la loro fortuna e quella delle aziende per cui lavorano o nelle aziende dove vorrebbero lavorare (appunto come ha fatto Patrizia, la nostra amica del racconto del corriere.it)
Il farsi aiutare: viviamo in un mondo di tale complessità che oggi molte persone si sentono bloccate, disorientate, incapaci di percepire il senso della propria vita lavorativa, a volte della propria esistenza. Frequentemente non si tratta di patologie ma solo un’ urgenza di ritrovare il giusto orientamento per ri – scoprire strategie e comportamenti più efficaci per la vita personale e professionale.
Tra diverse azioni di sostegno oggi possiamo serenamente dire che il counseling rappresenta da anni, in particolare nel mondo anglosassone, uno strumento efficace di intervento in tutte le aree di interesse della persona dal lavoro alla scuola, dalla famiglia ai gruppi di appartenenza.
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