Nell’ultimo anno ho avuto diversi incontri con Manager qualificati alla ricerca di una nuova occupazione. Questa cosiddetta “crisi” sta drasticamente aumentando la loro legittima preoccupazione nel ricercare una posizione consona alle loro competenze ed ai loro stipendi.
Vorrei ancora una volta parlare delle “competenze” e, in questa sede accantonare l’argomento delle loro retribuzioni. Dico questo perché –ancora oggi -in diversi colloqui, i manager intervistati tendono a trasmettermi l’ansiogena ricerca di una stabilità economica riferita agli stipendi elargiti nel passato che oggi, molte imprese, ahinoi, non riescono più a sostenere. Non voglio dare giudizi nel merito; se una persona valeva e creava valore, era giusto premiarlo. Ma –a mio avviso – oggi non è la preoccupazione principale che un manager dovrebbe avere. Spostando il focus sulle loro “competenze” si scoprono molti manager poco preparati nelle “competenze trasversali”; persone poco attrezzate per affrontare i nuovi cambiamenti che stiamo vivendo; molto sono ancora analogici in un mondo digitale, altri posseggono una forte specializzazione in un settore e basta, alcuni conoscono a malapena una lingua straniera; scoprendosi nel colloquio emergono persone che negli ultimi anni “non hanno avuto tempo per studiare, aggiornarsi, approfondire nuove culture, nuovi scenari”
Manager poco formati ad un nuovo mondo. Un costo ….. quindi?
Se mi rivolgo alle aziende, dico che mai come in questi tempi si dovrebbe pensare ai nostri manager come ad un investimento; investire nella loro personale formazione, significa contribuire allo sviluppo professionale nei ruoli che ricoprono; aumentare l’opportunità di avere manager preparati sul mercato significa aumentare anche il valore delle imprese (fatte soprattutto di persone che svolgono servizi). Se mi rivolgo ai manager dico che mai come in questi tempi bisognerebbe avere l’umiltà di riconoscere i propri limiti, quelli dei propri collaboratori chiave, affrontarli di petto e dedicare del tempo per formarsi, per riqualificarsi, per colmare i gap ed essere preparati; (l’etimologia ci aiuta a capire il senso della parola pararsi prima) alle nuove sfide che ci attendono. Ancora una volta devo rivendicare l’importanza della formazione. Rimettiamo i nostri manager nelle scuole, facciamo in modo che una persona non smetta mai di studiare, di acculturasi sempre,di non far mai cadere il desiderio del “sapere”. Un libro, una cattedra,una scuola, della sana cultura non ha mai ucciso nessuno!
Da anni sogno uno “Stato” talmente evoluto che dovrebbe essere in grado di ridurre la pressione fiscale per ogni cittadino che dimostri concretamente d’aver “ripreso gli studi”; come sogno sgravi fiscali alle aziende che concretamente dimostrino di fare altrettanto con i loro addetti. Aumentiamo il livello culturale dei manager e delle persone; ne avremo beneficio tutti!!! E’una responsabilità non solo aziendale ma anche sociale.
A proposito di questo segnalo con piacere l’iniziativa di Fondirigenti (www.fondirigenti.it) che ha dato il via a un piano di finanziamento a favore delle piccole e medie imprese per la realizzazione di piani formativi che favoriscano l’innovazione digitale e la formazione del «manager di rete»; anche l’Aldai (www.aldai.it) sta completando un progetto che prevede l’impiego dei senior manager per lavorare come tutor per seguire, all’interno delle aziende, le nuove leve. (per chi volesse approfondire Corsera di venerdì 13.9.2013 pagina 46)
Vae victis!!
Buongiorno De Schiott,grazie per la sua simpatica citazione; capisco che ” …le condizioni di resa le dettano i vincitori sulla sola base del diritto del più forte..” ma prendendo spunto da questa provocazione mi piacerebbe -mi permetta un’altra metafora – che su questa bilancia, anzichè mettere solo “le spade di oggi”,mi mettessero un pò di “saperi” “cultura manageriale” che, come dicevo, non ha mai “ucciso” nessuno. La cultura ci salverà, se saremo capaci di utilizzarla al meglio; ne sono convinto. Un caro saluto
Devo dire che questo articolo mi ha toccato da vicino, e benchè sia da tempo che non scrivo più commenti su questo sito, causa la mia uscita dal mondo della GDO,sento l’irrefrenabile impulso di esternare alcune mie considerazioni.
In qualità di alto dirigente,esperto in change management e da sempre attentissimo alla formazione costante e continua,sia personale,sia dei miei collaboratori,progettai e realizzari un percorso formativo articolato che investiva a 360° l’azienda per la quale lavoravo e che doveva accompagnare un processo di cambiamento organizzativo anch’esso progettato ed approvato.
Subito fu accolto dal CDA con entusiasmo, così come fu accolto con pari sentimento il progetto, di respiro pluriennale, di cambiamento.
Devo dire però, che l’entusiasmo si spense subito, nel giro di pochi mesi.
Le nuove leve inserite e le poche nuove nozioni attivate,unitamente al cambiamento in essere, come da programma, avevano messo in luce i nervi scoperti dell’azienda.
Non mi sto a dilungare su quali essi fossero, ma vi basti sapere che i “poteri forti” presenti, fecero una bella capriola,tentando di ripristinare, seppure con vesti nuove,ciò che era sempre stato e che naturalmente garantiva loro il mantenimento dello status quo.
A loro stessi, che potevano ancora vantare competenze e quindi giustificare la presenza altrimenti ingiustificata nella nuova organizzazione ed ai loro successori ( e parlo di successori di linea di sangue!).
Io ne uscii velocemente poichè non accettai le loro offerte,seppur, in momenti come questi allettanti.
A distanza di due anni passati, vedo quest’azienda diretta da una persona del loco con a capo un presidente figlio di un potere forte di allora.
Concludo dicendo che ora lavoro per una multinazionale estera, in settore differente, i cui alti dirigenti sono anche più giovani di me (ho 40 anni) ed i soci non sono minimamente coinvolti nella gestione operativa della società.
Le cose vanno bene, si assumono giovani e la loro presenza in azienda viene vista come una risorsa e non un pericolo;così come l’esperienza dei più maturi viene tutelata e rassicurata.
Lei è proprio certo che l’imprenditoria italiana, ed in generale il sistema socioeconomico nazionale,vogliano cambiare,riformarsi e formarsi?
Basti guardare ciò che avviene a livello politico Per rendersi conto cosa veramente importi a chi guida il nostro paese.
Vi era un bel libro, di cui non ricordo l’autore che si intitolava “Dopo di me…il diluvio”.
Con stima,
Signor Luca grazie per le sue considerazioni. Ha toccato dei temi molto delicati che avrebbero bisogno di essere approfonditi a lungo. Passaggi e convivenze generazionali, capacità imprenditoriali e manageriali, cultura d’impresa, generazioni a confronto, poteri forti, ce ne sarebbe per una settimana di convegni. Abbandono per il momento l’argomento generazionale (lo conosco e so che non basterebbe qs sito,magari lo tratteremo ad hoc in un’altra occasione) e mi soffermo sull’aspetto culturale e sociale, riprendendo una mia “considerazione” fatta -proprio su questo sito – la settimana scorsa. Anche se è dura da dire ma, probabilmente, questi “poteri forti” “non la meritavano”. Grazie alle sue capacità- competenze voglia di sentirsi imprenditore si è dato l’opportunità di fare delle scelte diverse. ovviamente immagino non semplici; la sua “cultura imprenditoriale” le ha dato un’altra opportunità. Concordo con lei che oggi nel nostro Paese siamo in un momento di difficoltà. Ma siamo noi che esprimiamo soggetti del genere: forse dovremmo sentirci più responsabili, meno “colpevoli” o solo pronti a dare la colpa agli altri. La “responsabilità imprenditoriale” di ogni manager è anche una responsabilità sociale; quindi un fattore vincente(o devastante). Non dire sempre e solo “si” ai poteri forti! Come fare? Ancora una volta non vedo vie d’uscita se non riprendendoci in mano la nostra persona, la nostra cultura, i nostri valori, accompagnandoli alle nostre competenze professionali; I MANAGER sono preparati a questo? se la risposta è no …meglio PRE-PARARSI e rafforzarsi; se non altro con un pò di contaminazione positiva, saremo costretti a migliorare.
un caro saluto da un inguaribile ottimista!!
l’articolo e il commento precedente del Sig. Luca non fanno che riempirmi di amarezza, non perchè sbagliati, ma per la loro brutale esattezza.
Sono stato “manager” di una industria vinicola di medie dimensioni per alcuni anni, dopo di che quando ho dimostrato il mio valore e richiesto maggiori possibilità di azione è iniziato l’ostracismo da parte dei famosi “poteri forti e occulti” rappresentati da chi, nelle sfere più alte, mi ha sempre visto come una crescente minaccia.
Il rapporto si è risolto poco tempo dopo….
Vorrei sottolineare che in azienda ero l’unico a saper parlare 2 lingue nel settore commerciale, a saper usare con buona maneggevolezza il pacchetto office, etc. Purtroppo però ero il più giovane….
Da allora ho dovuto intraprendere la libera professione seguendo la strada della consulenza aziendale.
Vi immaginate presentare la mia esperienza, il mio cv e i miei servizi a manager di 55\60 anni che non capiscono nemmeno la lingua di un ormai 34enne come me? Sconfortante….
E sconfortante è stato pure parlare con altri consulenti o head hunter durante i colloqui di selezione per ruoli analoghi al mio precedente: “bene! ottimo! le faremo sapere”….quante volte ho sentito queste frasi per poi scoprire che quel ruolo era stato ricoperto da un altro 55/60enne arcinoto ed espressione della decadente classe manageriale che non ha assolutamente intenzione di mollare la poltrona.
Ho moglie e 3 figli molto integrati nel territorio in cui vivo e non me la sono sentita di andare all’estero….questo il mio errore più grande
Caro Matteo. grazie per il suo commento. Comprendo l’amarezza – non mi ripeto, la invito a leggere la risposta che ho scritto al signor Luca. e’ solo il mio punto di vista! Con lei mi sento di soffermarmi solo su una questione che ha citato: lei ha rafforzato il valore della sua famiglia!! secondo me non ha fatto un errore, anzi …credo abbia rafforzato una sua posizione che – mi creda – prima o poi troverà delle persone che l’apprezzeranno (io sono uno di questi) e che sapranno valorizzarla. Le aziende dove poter esprimere anche queste qualità e questi valori ci sono …e non solo in campo viti- vinicolo. Avere una visione del “saper divenire” tenendo conto non solo dell’aspetto manageriale, è una caratteristica imprenditoriale che si sviluppa anche formandosi …buona ricerca ….
Condivido molto il contenuto dell’articolo.
Aggiungo come riflessione un aspetto che richiederebbe un altro post dedicato…
Quale formazione?
Quella basata sul risultato a breve, quella che ci fa camminare sui carboni ardenti, che riempie stadi con i santoni che predicano?
Purtroppo questa è gran parte della formazione che si fa al giorno d’oggi soprattutto ai manager (e anche la più costosa).
Concludendo condivido con l’autore il bisogno della cultura, anche della cultura della formazione (che metta l’uomo sempre al centro).
Grazie per la condivisione,
Nicola
grazie signor Nicola. Nei prossimi articolo mi riprometto alcune riflessioni. Ad oggi mi limito a dirle che – pur rispettando tutti – anch’io credosia necessario suddividere eventi emozionali e formativi a breve da “percorsi di sviluppo personale e formativo” a medio lungo periodo:
ovviamente, quando parlo di “cultura nella formazione”, mi riferisco ai secondi. Grazie ancora e buon lavoro.