Bernardo Caprotti, patron di Esselunga, storico duellante delle coop rosse nell’ambito della grande distribuzione, ha scritto qualche giorno fa una lettera al Corriere della Sera per lamentarsi della burocrazia che frena l’imprenditoria italiana ed ha fatto una definitiva dichiarazione alla luce del blocco alla concessione all’apertura sulla capitale, per i lettori di GDONews il testo integrale della lettera:
Caro direttore,
ho letto il bell’articolo del professor Ricardo Franco Levi sul Suo giornale dell’8 settembre. Non posso che ringraziarvi per le lusinghiere espressioni usate nei riguardi di Esselunga e del sottoscritto. Tuttavia vorrei permettermi un’osservazione. Le tre aziende scelte dall’autore non costituiscono un campione appropriato. Mettere Esselunga—e dunque me— accanto ad Armani e Luxottica è azzardato. Meglio sarebbe stato scegliere Ferrero. Esselunga è una piccola azienda, piccolissima nel suo settore, è solo una multiprovinciale, non ha un centesimo di attività fuori dai confini nazionali. Ove Luxottica, coi suoi centri di produzione in Cina, i suoi 6.000 negozi sparsi nel mondo è un gigante vicino al quale noi non possiamo stare. Del pari Armani, che è un genio a livello mondiale, con investimenti grandiosi anche fuori dal suo campo d’origine. Noi dunque siamo un’azienda di qui, una multiprovinciale che neppure riesce ad insediarsi a Genova o a Modena, per non dire di Roma ove io poco, ma i nostri urbanisti si sono recati forse 2.000 volte in dodici anni nel tentativo di superare ostacoli di ogni genere, per incontrare adesso il niet del nuovo sindaco del quale si può dire soltanto che è un po’ «opinionated».
Noi, diversamente da Luxottica, Ferrero, Pirelli, Squinzi, Bombassei, Calzedonia, siamo un’impresa al 100% italiana (Pirelli, credo, italiana al 17%). E come tale un’impresa che deve difendersi dalla Pa (pubblica amministrazione) in tutte le sue forme e a tutti i suoi fantasiosi livelli ogni giorno che Dio comanda. Tassata al 60%, non più minimamente libera di scegliersi i collaboratori (la signora Fornero ha «garantito» anche i soggetti assunti in prova), Esselunga si trascina. Porta ancora avanti vecchi progetti, cose nelle quali, incredibile dictu, si era impegnata ancora al tempo delle lire. Per realizzare un punto vendita occorrono mediamente da otto a quattordici anni. Ma per Legnano ventiquattro; mentre a Firenze forse apriremo l’anno prossimo un Esselunga di là d’Arno, una iniziativa partita nel 1970! Così, ultimamente, abbiamo cancellato ogni nuovo progetto. Ecco, caro direttore, la pallida risposta di un’azienda che di problemi ne ha troppi, che si avventura ogni giorno in una giungla di norme, regole, controlli, ingiunzioni, termini, divieti che cambiano continuamente col cambiare delle leggi, dei funzionari, dei potenti.
Uno slalom gigante con le porte che vengono spostate mentre scendi. Un’azienda affondata nelle sabbie mobili italiane. Oberata da un esiziale carico fiscale atto solo a sostenere tutto ciò che nel paese è sovvenzionato. Cioè quasi tutto. Diversamente da Armani e Luxottica che hanno «creato», noi abbiamo soltanto cercato di dare un po’ di eleganza, di efficienza, di carattere ad un mestiere assai umile. A livello internazionale ciò ci è riconosciuto. Ma nel paese non siamo ben accolti. E per soprammercato facciamo un mestiere che nel nostro stranissimo paese è politico. Perché? Perché sono «politici» i due più grandi operatori nazionali. Fuori non riescono neppure a capirlo. Ma sono tante le cose che gli stranieri non possono capire di noi, di un paese che se fosse rimasto libero e normale avrebbe potuto andare chissà dove. Imprenditori straordinari fecero nel dopoguerra aziende straordinarie. Ma gli imprenditori sarebbero poi diventati tutti incapaci, a meno che non se ne fossero andati ad operare altrove. Ma noi non possiamo. Peccato non si possa dire: «hic manebimus optime».
Ha detto solo la verita’ . Caprotti e’ una persona straordinaria che il paese non si merita.
Conosco il Dott. Caprotti da quando ha iniziato coi supermercati, con Brunelli, ed è una persona squisitamente gentile.
E’ sempre attento ai dipendenti e lavora per loro oltre che per se stesso s’intende.
Cordialmente
Maria Barani
Credo che la frase ” Caprotti è una persona straordinaria che il paese non si merita ” sia un tantino esagerata nella seconda parte. Io credo che ogni imprenditore che abbia proposte valide debba avere il suo spazio per poterle sviluppare ma credo anche che lo sviluppo non debba nascere solo per creare competitività verso un’altra insegna. Mi sono chiesto mille volte come mai in un’Italia dove tanti chiudono e vendono Esselunga non sia mai riuscita a fare acquisizioni, capisco che costruire da zero in areee identificate come commercialmente valide sia meglio che acquisire strutture esistenti da riorganizzare e rendere produttive. E’ davvero mai possibile che se Esselunga avesse voluto acquistare pdv di Carrefour nel Sud qualcuno lo avrebbe impedito ? Perché ostinarsi su Genova, Roma ci sono tante altre città in Italia dove , secondo me Esselunga potrebbe aprire senza problemi perché questo non avviene ? E’ forse possibile che il diniego venga fuori non tanto da una sorta di protezione verso alcune catene ma dalla oggettiva inutilità di aprire ulteriori strutture commerciali in aree pressoché plafonate ? Al Dr. Caprotti , che per mia sfortuna non conosco personalmente ma del quale non posso che ammirare la capacita imprenditoriale ed una forza che ha dell’incredibile , domando perché non apre pdv Esselunga nelle Marche, Abruzzo e Molise, Umbria, Basilicata, Calabria sono regioni dove l’efficenza e la capacita organizzativa di Esselunga potrebbero dimostrarne il valore e le capacita e dove, oltretutto, c’è bisogno di una catena come Esselunga?
Tanto di cappello all’imprenditore Caprotti ma sinceramente ha stufato con la teoria del complotto (forse non ha caso comune al suo amico B).
Si ricorda solo dei pv che non ha potuto aprire nei territori “nemici” e tutti quelli aperti nei territori “amici” ??
Credo che un imprenditore, per fare bene il proprio mestiere, deve fare le scelte che crede idonee per il successo del proprio business ed è evidente che per Esselunga non vi siano ancora le condizioni (di potere d’acquisto, culturali ecc.) per aprire un punto vendita dove non ha ancora aperto. Perché non chiediamo ad Ikea perché non abbia iniziato ad aprire negozi prima nei paesi sottosviluppati, poi magari nelle campagne e solo alla fine nei grandi centri urbani? I motivi mi sembrano evidenti!
Inoltre, la politica dovrebbe stare lontana dalla gestione amministrativa continuativa del territorio, nel senso che i politici dovrebbero fare le leggi perché loro sono espressione del voto dei cittadini, ma una volta fatte devono lasciare ai funzionari dello stato (regione, comune ecc.) la loro applicabilità senza che vi sia spazio per la discrezionalità, perché chi investe deve avere certezze altrimenti fallisce o se ne va all’estero.
I funzionari dello stato sono, probabilmente nel 90% dei casi, o messi dai politici (di qualunque colore) o “sensibili” all’interesse personale e forse Caprotti ha sbagliato a volte a palesare le sue battaglie con le giunte di sinistra (anche se per la disperazione forse può essere compreso) sia perché involontariamente personaggio pubblico e sia perché se avesse voluto toccare un tasto realmente dolente per l’Italia avrebbe dovuto dire che in realtà, e non solo per Esselunga, noi siamo ridotti malissimo per colpa dei funzionari statali in genere, che hanno un ruolo operativo sulle disgrazie dell’imprenditoria italiana e, a monte, per colpa politici che tutti abbiamo votato per la cultura dell’amico dell’amico che non significa altro che clientelismo puro.
Di politica si dovrebbe parlare solo nei salotti o al bar con gli amici o alla sezione del partito (esistono ancora?) per confrontarsi sulle idee per poi scegliere il candidato da votare, perché poi si dovrebbe, in una società sana, mangiare di lavoro e non di politica.
E’ molto probabile che Caprotti abbia ottenuto “accelerazioni” su pratiche edilizie per aprire in regioni non rosse che, a detta di qualcuno, possono compensare i ritardi decennali provocati dalle amministrazioni rosse, ma se non capiamo che a monte nessun imprenditore dovrebbe essere costretto ne a chiedere “accelerazioni” ne a subire ritardi da parte degli amministratori ma, semplicemente, ottenere quanto dovuto per legge e basta, non usciremo mai dal pantano in cui ci hanno messo chi comanda in Italia.
Dott.Caprotti magari viene lei a Roma,sarebbe una crescita per la distribuzione alimentare !!!
Al signor Caprotti evidente piace “vincere facile”…
Ferma restando l’ammirazione per come gestisce i suoi punti vendita e, complessivamente il modello commerciale della sua azienda, mi permetto di dissentire dall’ennesima esternazione contro i cattivi amministratori delle giunte rosse.
Credo che la politica, quella “vera”, nelle decisioni sullo sviluppo commerciale di un’area debba entrarci eccome!
Cerco di spiegarmi meglio… La presenza di un supermercato all’interno del tessuto sociale di un comune o di una provincia è un discorso che va oltre il semplice discorso commerciale.
Mi sembra più che normale che un ente politico, nell’atto di autorizzare aperture o assegnare licenze tenda a privilegiare chi è in grado di interagire a tutto tondo con quel territorio e non chi sceglie solo le location migliori per il proprio Modello di business.
Esselunga porta avanti con successo e leggitimità un modello commerciale basato su grandi superfici locate in territori ad alta potenzialità. Non penso però che possa permettersi di “piangere” se in alcune zone gli viene preferito un gruppo disposto ad investire anche in luoghi o formati meno redditizi ma che possono comunque costituire un fattore di crescita e di servizio per il tessuto sociale di quel territorio.
I gruppi Cooperativi hanno costruito un rapporto decennale con i territori, attraverso i soci e i piccoli imprenditori associati, contribuendo alla crescita di piccole comunità e territori spesso disagiati.
Perchè Caprotti non decide di investire nel Sud Italia, perchè Caprotti non apre le superette nelle frazioni di montagna o l’ipermercato nella periferia disagiata della Città? Perchè non ha il proprio tornaconto economico…
Tutto legittimo, ma non può poi venire a piangere se non gli viene riservata una corsia preferenziale.
La competizione non è fatta solo di prezzi, assortimenti, efficienza e finanziamento al partito di Berlusconi ma anche di disponibilità e sacrifici. Sarebbe ora che il buon Bernardo questo lo capisse, perchè sinceramente i suoi piagnistei ci cominciano a stancare.
Dr Caprotti perchè nn rileva Carrefour e la riporta italiana come GS di ua volta???
Io non direi piagnistei direi lotta con burocrazia che si aggrappa su stupidate per spellare soldi….
Se non si apre al sud sappiamo bene il perché…Non è perché mancherebbe personale o fatturazione …ed in mezzo alle montagne oppure in culo ad i lupi dove vivono 200 persone lei metterebbe una filiale Esselunga???
Si questo sarebbe veramente un bene i hanno rovinato tutto …i gestori di Carrefour …in Fulvio testi ad milano ce ne un esempio..
Io concordo pienamente con il Dott. Caprotti, che non conosco personalmente ma di cui ho condiviso le battaglie contro una burocrazia gestita al servizio del miglior offerente e non secondo oggettivi (legali), criteri meritocratici.
Sono di Milano come lo erano mio padre e mio nonno entrambi Presidenti della categoria Salumieri e Gastronomi.
Di mio nonno Augusto conservo un articolo apparso sul Corriere della Sera nel 1948, in cui anticipando i tempi parlava di grande distribuzione.
In quanto a mio Padre, ricordo i viaggi a Roma per cercare di riottenere le convenzioni con le ditte di buoni pasto almeno per le Gastronomie dotate di cucina. Viaggi inutili perchè lui finite le riunioni tornava a Milano per lavorare.
Fino a che una sera decise di restare a Roma andando prima a cena e poi a ballare con i compagni di commissione i quali gli rivolsero questa frase :”Ma allora sei anche tu dei nostri!”
Nel giro di pochi giorni la situazione venne sbloccata….
Ora, caratterialmente sono un ottimista e non desidero fare di tutta un erba un fascio a proposito della pubblica amministrazione: ma dopo che per 5 volte ho inoltrato domanda di somministrazione con esito negativo, vorrei tanto sapere quale miracolo abbia sbloccato la situazione del nuovo esercizio che oggi ricopre gli stessi spazi e le metrature del mio ex negozio, il quale ha immediatamente ottenuto l’autorizzazione a me preclusa per motivi insormontabili.
Credo quindi che Caprotti chiedo soltanto di lottare ad armi pari, cosa che evidentemente nel nostro paesello prossimo alla bancarotta fraudolenta dà sicuramente fastidio.
Esselunga è una catena che dá lavoro a più di 20000 persone. Presenta la produttivitá per mq più alta d’Italia e, credo, d’Europa. Questi dati non sono sterili, ma servono per comprendere il perchè di determinate scelte aziendali. La preferenza verso punti vendita di proprietá creati ex novo è funzionale all’organizzazione aziendale, per ottimizzare i costi produttivi, la logistica, addirittura l’adeguamento alle norme di sicurezza. Può anche darsi che una delle motivazioni sia un aumento del patrimonio immobiliare, ma sicuramente non è questa l’unica e sopratutto la più importante delle suddette motivazioni. Per quanto concerne l’apertura di punti vendita in zone come le Marche, l’Abruzzo o altre regioni citate dai precedenti commentatori, vorrei far presente a questi ultimi che ogni punto vendita ha bisogno di un centro distribuzione, che comporta costi immani per l’azienda, dunque non è possibile aprire nuovi negozi in zone lontane dalle classiche aree di sviluppo senza farsi carico di investimenti molto onerosi. Le 20000 persone che lavorano per questa Azienda sono tutelate proprio da questo tipo di gestione, che non si lancia mai in avventure impossibili, ma tutela il patrimonio aziendale. Al di là della diatriba politica, nella quale si può parteggiare per l’uno per l’altra parte (io personalmente non parteggio per nessuno delle due) il modo in cui Esselunga fa impresa dovrebbe essere un modello.
Esselunga è una catena molto valida dove il personale viene trattato con rispetto.Questo lo posso dire perchè ho lavorato per cinque anni e purtroppo a causa di trasferimento di abitazione ho dovuto lasciare a malincuore quest azienda.Ora vivo nella regione Marche e spero quanto prima che il dott.Caprotti aprirà Esselunga anche da queste parti perchè qui supermercati cosi validi per il momento non ce ne sono.
Io penso solo questo che si silurano imprenditori italiani per favorire altri e sappiamo bene cosa voglio dire ….il fatto stesso che cinesi e altre etnie riescono ad aprire negozi piccoli e medi …ne da la dimostrazione…