Le operazioni di fusione e acquisizione (M&A) rappresentano una componente essenziale della vita e delle strategie di sviluppo delle società. Consentono alle aziende di accedere a nuove aree di business, estendere le attività a nuovi prodotti e aree geografiche, realizzare sinergie e disinvestire da settori non strategici, contribuendo alla creazione di valore mantenendo, al tempo stesso, la flessibilità strategica e operativa necessaria alla competizione.
Il verificarsi di queste operazioni è ciclico ma nonostante il trend di crescita nel lungo periodo i volumi nel 2012 si sono quasi dimezzati rispetto ai picchi del 2007. È opinione condivisa che la debole congiuntura economica e il clima di incertezza sui mercati abbiano avuto un impatto negativo sulla fiducia dei leader di azienda e sugli azionisti, che guardano ad operazioni di questo genere con maggiore cautela. Tuttavia, il drastico calo è oggi in apparente contraddizione con i fondamentali delle società, che si rivelano positivi.
Dopo lo scoppio della crisi nel sistema finanziario, le migliori società europee hanno ridotto il proprio indebitamento in maniera massiccia e hanno accumulato cassa. Il rapporto tra debiti finanziari e totale degli attivi è infatti diminuito dal picco del 70% nel 2009 ad un più bilanciato 50% alla fine del 2012. Ci sono inoltre molteplici fattori interni ed esterni che concorrono a comporre un quadro favorevole alla ripresa delle operazioni di M&A.
Le società hanno raggiunto livelli di liquidità record, anche in seguito al limitato ricorso alla cassa per la realizzazione di progetti di crescita esterna. I tassi di interesse sono i più bassi mai registrati e il costo del capitale è a livelli molto inferiori rispetto alla media storica. Nei mercati internazionali abbiamo inoltre assistito a un graduale rallentamento della turbolenza a livello macro, che ha messo in evidenza valutazioni attrattive e numerose opportunità per le strategie di crescita esterna. Questo ha spinto i risultati delle operazioni di raccolta di capitale da parte degli azionisti attivisti a livelli senza precedenti. Un attivismo che a sua volta ha stimolato una maggiore partecipazione e dialogo degli azionisti con il management delle società.
Gli indicatori suggeriscono dunque una imminente ripresa della crescita per linee esterne. In un ambiente caratterizzato da un numero limitato di concorrenti, i potenziali acquirenti hanno l’opportunità di compiere acquisizioni a condizioni più vantaggiose senza compromettere la stabilità finanziaria della propria società. Per sfruttare appieno queste condizioni, i compratori devono mantenere alti standard di esecuzione e di due diligence, e dimostrarsi capaci di sviluppare un modello di acquisizioni ripetibile attraverso un’ attenta pianificazione delle fasi di integrazione. Quando questi parametri sono stati rispettati, le operazioni realizzate in periodi di forte volatilità hanno dimostrato di poter produrre in media ritorni più elevati.
Quali sono i gruppi della GDO che si movono in questa direzione?
La crisi degli ultimi anni ha eroso i margini di grandi gruppi che vedevano le loro vendite concentrate sull’Italia. In particolare i trasformatori sono in grave crisi, ossia tutti quei produttori che subiscono da un lato gli aumenti speculativi della materia prima e dall’altro la forza contrattuale di una GDO sempre piu’ avida di contributi.
Salumifici, affumicatori, caseifici che non si sono integrati a monte vedono un’erosione costante dei margini che quest’anno esploderà in maniera clamorosa favorendo integrazioni e fusioni.
Bene informati dicono che anche aziende storiche cercano soci finanziari e/o industriali. Aspettiamoci che qualche altro pezzo del made in Italy passi agli stranieri perchè ci sono grandi gruppi pieni di liquidità tanto per citarne uno Nestlè….