Il 2013 è per la GDO l’anno più difficile da quando esiste la Moderna Distribuzione, i numeri negativi che sta esprimendo sono, in molte realtà, a due cifre. Come si potrà sopravvivere a questa situazione? E’ difficile, bisogna ammetterlo, ma ci si deve riuscire. Noi di GDONews, attraverso le pubblicazioni dei colleghi di Obiettivo Valore, stiamo verificando gli andamenti degli anni pre crisi (2005-2008) e della crisi (2009-2011). verosimilmente il 2012 darà risultati di bilancio simili all’anno precedente, invece il 2013 potrebbe essere differente se continua questo pericoloso trend. Nelle pubblicazioni del dott. Di Napoli si è potuto vedere come ad una leggera ma costante flessione di fatturato praticamente tutta la distribuzione abbia risposto con un miglioramento dei margini ed un corrispondente aumento dei costi. L’attenzione agli assortimenti, i migliori acquisti, la crescita della Private Label, insomma tutte le azioni che sono state compiute per rispondere ai primi anni della crisi oggi non sono più sufficienti. E’ giunto il momento in cui bisogna entrare dentro i processi dei servizi ed i suoi costi cosi come nei processi logistici. Bisogna ricostruire gli assetti organizzativi ed ottimizzare, senza sacrifici al ribasso, i ruoli impiegatizi dentro le singole centrali locali. Sarebbe cioè necessario un atteggiamento imprenditoriale differente, più vicino alle logiche dell’industria che a quelle proprie della distribuzione, almeno sino ad oggi. Molta DO si è sempre concentrata più nella qualità degli acquisti rispetto alle vendite, e di conseguenza anche il Category Management e la sua applicazione sono stati affidati agli acquisti, spesso senza gli strumenti necessari per applicarne gli studi. Si dovrebbe investire seriamente in formazione professionale, destinare un “zero virgola %” del fatturato in formazione per dare più respiro alle vendite, perché tali siano davvero, non acquisti con il vestito delle vendite. Ma spesso invece che investire si tende a tagliare, soprattutto (ed erroneamente) nei momenti di crisi. Non c’è errore più grande. Si dovrebbero inoltre rivedere gli assetti che dominano gli equilibri tra il Ce.Di. e gli affiliati, sarebbe necessaria più chiarezza e più regole certe. Si è già detto della necessità di valutare con veri e propri rating (e non analisi dei bilanci!) sia gli affiliati, che gli stessi Ce.Di. che devono dare l’idea di affidabilità e di corretta gestione agli stessi affiliati. Ma spesso questi numeri si tendono a nascondere. Perché? Perché cela una “Mala Gestio”? E’ assai probabile. Chi è orgoglioso del proprio operato tende più a pubblicizzarlo che a celarlo, evidentemente qualcosa si nasconde dietro a questi segreti che vengono, sbagliando, addebitati più a vecchie abitudini ed a intime gelosie. Oggi sono finiti i tempi per questi sentimenti. Si dichiari tutto, tutto il buono così come il cattivo, ed insieme si contribuisca a migliorare le performance. Si investa laddove è necessario investire, soprattutto in formazione. E magari di questi tempi si riuscirà, se non a fatturare di più, sicuramente ad essere più efficienti.
2013: l’anno della Grande crisi. Come si dovrebbe rispondere?
Dott. Andrea Meneghinihttps://www.gdonews.it
Analista ed esperto di Grande Distribuzione alimentare. E’ un attento osservatore delle dinamiche evolutive dei diversi format in Italia ed in Europa. Collabora con alcuni Gruppi della GDO italiana nelle aree di crisis communication management e news management. Affianca la Direzione Generale di alcuni Gruppi della GDO nella gestione delle strategie aziendali. Collabora anche con aziende del Mass Market Retail all'estero come assistant manager sull'italian food. Si può contattare scrivendo a meneghini@gdonews.it
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Da “addetto ai lavori”, non posso che condividere ogni virgola dell’analisi. La formazione è futuro, è una ricchezza per l’industria e quindi anche per la Gdo, che troppo spesso (ora non più, ma solo per via della crisi che ha investito tutti i settori produttivi) si è “accontentata” di essere un porto sicuro per i disoccupati. Cerchi lavoro? Chiedi al super, lì cercano una cassiera / un addetto ortofrutta / un panettiere…
Formare significa motivare la forza lavoro. Senza formazione (e quindi senza motivazione), non si va lontano
Purtroppo nelle grandi superfici, iper e superstore, le Direzioni non investono più nel personale da anni. Il taglio è in atto da ben prima della “”crisi”, ed è una scelta che fin da subito è stata dettata dalla logica che il tagliare fa vedere subito il risparmio mentre l’investire fa vedere subito l’aumento dei costi nei bilanci.
Questa misera visione strategica sta dando i suoi frutti avvelenati e ora abbiamo pdv con personale raffazzonato, pochi giovani male istruiti, vecchi addetti incarogniti da vessazioni e/o bassa o inesistente motivazione, professinalità abbandonate a se stesse ( caporeparti che vanno ai ricevimenti merce e girano dal pesce al bazar tecnico e caposettori che vanno in cassa a gogo o girano per pulire e sistemare le magagne che aumentano giorno per giorno). In una situazione generale come questa ènomale che in tempo di crisi il consumatore vada più volentieri a discount, dove la parsimonia nel servizio è una scelta dignitosa e non vergognosa sciatteria organizzativa mascherata da ricerca d’efficienza.
Bell’analisi, d’accordo su tutti i punti; purtroppo però questa è solo teoria e tranne pochissimi casi,di cui nessuno nel territorio nazionale vedono questa teoria messa alla prova.
Chi ci ha provato,tentando, seppur in maniera dolce ed attenta,è stato spesso e volentieri allontanato o nella migliore delle ipotesi si è dimesso per manifesta resistenza da parte delle vecchie generazioni.
Generazioni queste ultime abituate ad affrontare il periodo di difficoltà con prosaici tagli lineari.
Non parliamo poi di affrontare investimenti in formazione e strumenti informatici.Essi vengono visti come inutili sprechi di denaro, o addirittura dileggiati poichè incompresi.
Nella migliore delle ipotesi la formazione viene vista come contentino da donare ai propri associati per giustificare investimenti.
Così come accade nel sistema politico nazionale, anche nelle aziende l’unico e solo interesse è preservare il proprio potere.