Tutti gli anni, come già scritto in un recente articolo su questa rivista, il giorno che segue il Thanksgiving è un giorno cruciale per i Retailers americani e si chiama Black Friday: il questo giorno si inaugura in certo modo la stagione natalizia ed è il giorno da cui gli incassi, sino a natale, sono tutto margine finiti i pagamenti. Così venerdì scorso si aspettava di vedere che impatto avrebbe avuto la crisi mondiale anche su questo giorno. Tutti erano in ansia, al punto di aprire i negozi alla mezzanotte a cavallo tra il giorno del ringraziamento ed il venerdì nero, gli stessi volantini che avevano preceduto l’evento erano davvero carichi di offerte straordinarie per scongiurare una stagione natalizia il linea con gli andamenti del mercato mondiale. Ebbene la risposta del consumatore è stata fragorosa: code interminabili in attesa delle aperture dei negozi, addirittura risse, una cliente di un Wal Mart a Los Angeles pare si sia fatta varco sulla folla spruzzando lo spray urticante che si usa per l’autodifesa per di arrivare sugli scaffali prima degli avversari consumatori, insomma scene che non sembrano narrare i tempi attuali. Secondo le stime della National Retail Federation l’altro giorno circa 152 milioni di persone si sono recate a fare acquisti aumentando i consumi, rispetto all’anno precedente, di circa il 10%. Nello stesso giorno in Italia davanti ai negozi Coin si è ripetuta la stessa scena. Non è il Venerdì nero italiano, ma una medesima causa scatenante: una promozione eccezionale di un piumino ( Piumino Najpapiri ) venduto a 10 euro. Quest’offerta ha fatto sì che in alcune città è dovuta intervenire la Polizia per scongiurare incidenti e disordine
E’ recessione questa? Parliamo di crisi?
Sì parliamo di crisi, perché i fatti macro economici che ci sovrastano sono purtroppo inequivocabili, ma alla crisi ed alla recessione si può rispondere, e questi esempi ne sono una prova. Cosa è successo in questi due casi distinti ma omologabili: il Retailer crea un evento, spettacolarizza gli acquisti attraverso un sacrificio economico direttamente sul prodotto o sui prodotti. In entrambi i casi si tratta di prodotti non alimentari, gli unici in grado di attrarre una mole di consumatori del genere davanti ai cancelli dei negozi. I prodotti non alimentari ( no food) devono essere anche interpretati come parti di assortimento da utilizzare come richiamo, ed il sottocosto ha una sua funzione sinergica. Un atteggiamento di tal fattezza può creare diseconomie per chi le propone? Si suppone di no se il Black Friday è entrato nella cultura nordamericana, e chi nel tempo ha provato a mettere qualche prodotto in vendita sottocosto ne ha consapevolezza.
Consumi in ripresa o solo concentrazione della domanda sulle offerte?