
Il 24 novembre (l’ultimo giovedì del mese) gli americani celebrano quella che è la festa familiare più sentita, il giorno del ringraziamento. Ci si riunisce in casa attorno al tacchino, il pranzo comincia tardi e praticamente si prolunga in un unico pasto fino a cena secondo la tradizione. Il Venerdì che succede al Thanksgiving è famoso nel mondo della distribuzione alimentare statunitense, viene chiamato il “Black Friday”, venerdì nero non in senso negativo, bensì per una ragione contabile: è da quel giorno che i bilanci della grande distribuzione passano “in nero”, cioè hanno finito di pagare tutti i costi (stipendi, fornitori, tasse, interessi alle banche) e da quel momento fino a Natale tutto ciò che entra nelle casse è profitto puro. Black Friday è da sempre una sorta di preNatale, il venerdì di un lungo ponte in cui gli americani danno l’assalto a negozi, ipermercati e grandi magazzini. Attirati da generose campagne di saldi, che incentivano gli acquisti. Tant’è che nel Black Friday appaiono ovunque gli addobbi natalizi: la stagione dei regali comincia quel giorno. Poiché le offerte speciali, promozioni e saldi si esauriscono abbastanza in fretta, all’alba del Black Friday spesso ci sono già lunghe code davanti agli ingressi dei grandi magazzini. E l’andamento delle vendite in quel weekend di tre giorni diventa un indicatore prezioso sulla congiuntura. Quest’anno, per dare una spinta in più alla domanda di consumi piuttosto fiacca, i big della grande distribuzione hanno deciso di anticipare di qualche ora il Black Friday. Target, Macy’s, Kohl, Best Buy hanno preannunciato che apriranno i battenti già a mezzanotte, quando scocca la fine di Thanksgiving. WalMart è andato oltre, con la decisione di aprire addirittura alle ore 22 del giovedì. Questa decisione ha provocato qualche mal di pancia, infatti se bisogna andare a fare la coda davanti a WalMart per accaparrarsi le offerte migliori, e gli ipermercati aprono alle dieci di sera, praticamente ci si rovina il pomeriggio della festa. Ma la protesta ha avuto anche un significato sociale, di rabbia contro il datore di lavoro Wal Mart che non permette di far celebrare ai propri dipendenti il giorno più importante dell’anno per una famiglia americana. Noi di GDONews abbiamo sempre insistito molto sulla liberalizzazione delle aperture, non solo domenicali, ma di adattamento degli orari degli store alle abitudini delle singole “piazze”, quanto fatturato si potrebbe recuperare modellando “su misura” gli orari dei negozi a seconda della città in cui si trova lo store, il tipo di consumatore, l’età, etc. Oggi da noi per motivi legislativi tutto ciò non è ancora possibile, negli USA in crisi una abitudine persino estremizzata. Quanta differenza rispetto al nostro Paese!