Un evento importante, ma apparentemente innocuo, sta accadendo in queste ore in Cina: due grossi impianti della giapponese Honda, nella provincia cinese del Guandong, sono chiusi a causa di uno sciopero degli operai, che chiedono migliori condizioni di lavoro e un aumento di stipendio. Dopo anni a lavorare 12 ore al giorno per sei giorni a settimana hanno deciso di incrociare le braccia.
Cosa c’entra con la Grande Distribuzione?
Nei supermercati di tutto il mondo i prodotti di provenienza cinese sviluppano fatturati straordinari occupando la maggior parte degli spazi del non alimentare (a partire da Wal Mart che acquista quasi esclusivamente il non-food in Cina) grazie soprattutto alla eccezionale competitività che scaturisce dal basso costo del lavoro, oltre che dalla qualità dello stesso. Ebbene questo avvenimento merita di essere citato perché potrebbe essere la miccia che fa esplodere una situazione oramai insostenibile; la maggior parte degli scioperanti della fabbrica Honda sono ventenni, rappresentano la nuova generazione di lavoratori appena usciti dalle scuole superiori. Gente che non era neanche nata quando l’esercito della Repubblica Popolare reprimeva nel sangue gli scontri di Piazza Tienanmen nel 1989, quando si chiedeva “soltanto” più democrazia. In Cina, nella Cina delle metropoli del Guandong, i giovani approdano da tutte le regioni del Paese per un futuro migliore: sono laureati, dinamici, organizzati e con una voglia matta di “occidentalizzarsi” anche senza Facebook (oscurato dal Governo cinese). Chi lavora con gli occidentali conosce tutto di noi, abitudini, guadagni, stili di vita, e non accetta la sua condizione. Il dettaglio è che oggigiorno moltissimi giovani trapiantati per motivi di lavoro in quelle regioni, che lavorano con aziende produttrici per multinazionali straniere, non accettano più le loro condizioni lavorative e iniziano, silenziosamente ma non troppo, a ribellarsi. E’ di questi giorni la notizia che in un’altra nota fabbrica della stessa area, la Foxconn, che produce iPhone e iPad per Apple, ci sarebbero stati addirittura una decina tentativi di suicidio da parte di giovanissimi dipendenti stressati dalle condizioni di lavoro.
Il Governo, nel caso Honda, ha preferito diffondere la notizia dello sciopero contro una multinazionale giapponese, Paese ancora rivale per motivi storici, ma adesso ha chiuso alla stampa ogni possibilità di raccontare ciò che sta succedendo per non fomentare la situazione, già compromessa dall’inflazione galoppante non compensata dagli adeguamenti salariali. Sarà troppo tardi? Chissà se è l’inizio della fine, della fine dello strapotere cinese, ma allo stesso tempo l’inizio di una nuova era: il ritorno all’Europa ( e per alcune merceologie alla Turchia) come regione dai costi generali più convenienti, oppure lo sviluppo di una nuova area produttiva come l’Africa, attraverso l’aiuto di capitali cinesi?
Per esperienza lavorativa e personale, conosco bene la Cina, a livello di sviluppo sociale ed economico, la Cina, è l’italia degli anni 50, un pò più in grande, sto semplificando molto per fare comprendere una realtà lontana.
Come allora, la popolazione si sposta dalle campagne alle città della costa a cercare migliori condizioni di vita.
Poi la Cina è un continente per diemnsioni, con una forte tradizione locale.
Il guandong, con la Capitale Canton Guangzhou, in cinese, è stata una delle free trade zone, che hanno alla fine dell’era di Mao hanno fatto cadere la cortina di Bambu.
I cinesi sono imprenditori e commercianti per natura, ed i 40 anni di comunismo duro e puro non ha cambiato questa mentalità, nelle zone di Canton e Shangai, la gente se minimamente dotata di spirito e di iniziativa, appena ha imparato un mestiere lo abbandona e diventa imprenditore.
I locali se possono non fanno più gli operai o gli impiegati, ma sono la spina dorsale della piccola e media impresa cinese, che a differenza della nostra è intesa come impresa di decine o centinaia di adetti.
I cinesi, per molti aspetti simili agli italiani, cucina modo di fare refrattario alle regole sono solo alcuni banali punti di vicinanza, hanno corso molto negli ultimi 30 anni, un pò come negli 50 in Italia, ora iniziando ad avere tutti la pancia piena iniziano a chiedere qualcosa di più che una ciotola di riso ed un giacilio.
Oramai le produzioni a più basso valore aggiunto sono prodotte in Vietnam, Cambogia, dove la manodopera costa meno, lo stesso governo sta facendo chiudere gliimpianti più obsoleti, da un lato per ridurre inquinamento e consumi energetici, dall’altro per ridurre i molti una sovra capacità produttiva.
Allora che futuro ci attende? probabilmente gli aumenti di produzione cinese, dei prossimi anni, andranno a soddisfare la domanda interna, più che l’export, la cina potrebbe diventare un grande mercato d’esportazione, già oggi il 30% delle camere da letto dei cinesi abbienti sono arredate con mobili italiani.
E’ probabile che tutti quei prodotti a basso costo, bassa innovaione saranno prodotti sempre più in paesi a costo della manodopera più basso, può darsi che qualcosa torni ad essere prodotto in europa, ma forse inizieremo noi a produrre per i cinesi.
Nel 2008 c’erano 60 milioni di cinesi milionari di usd, calcolaliamone una 20 di indiani e un tasso di crescita del 5% per i prossimi 10 anni e vengono fuori numeri da capogiro.
Già ora per l’industria del lusso la Cina è il secondo se non il primo mercato al mondo.
Per il largo consumo alimentare Italiano sarà un opportunità, o si tramutera nell’ennesima opportunità gettata al vento
Del pianeta Cina, non ho la conoscenza che dimostra di avere Aldo. Da qualche anno a questa parte,la curiosità mi ha portato a leggere e ricercare notizie riguardanti lo straripante sviluppo economico dell’ oriente e della Cina in particolare. Una cosa è certa: la Cina non ha rispettato nessuna regola riguardo al fatto che ” il progresso e lo sviluppo, richiedono un conto da pagare”. Ha operato come se tutto fosse lecito, ha riempito il mondo di merci a basso costo e il mondo ha consumanto, grato di risparmiare. Ha continuato a tenere alzata la barriera dell’informazione, nascondendo per decenni, i disagi causati da questo sfrenato e incontrollato sviluppo. Disagi (danni ) ambientali, disagi sociali, sfruttamento esagerato di risorse, cose, e persone. Per qualche decennio è andata avanti la storiella che i popoli orientali, e quello cinese in particolare, sono ligi per natura alla disciplina, alla cultura del lavoro. Il mondo si interroga solo adesso della profondità del problema.
Oggi, gli operai che hanno contribuito a quello sviluppo, vogliono qualcosa in più. Vogliono, aspirano ad un benessere maggiore. E’ la storia del mondo che ci insegna che da quando è iniziata la cosidetta era industriale ( metà del 1700 circa )Chi prima lavorava la terra, aspirava a migliorare la propria esistenza e per farlo chiedeva di partecipare al processo di produzione industriale. Aquisito lo status di operaio, il passo successivo è sempre stato quello di poter possedere i beni che produceva. Il passo ulteriore , quello di produrre ( anche in parte ) i beni che possedeva. E cosi via. Tra qualche decennio, in Cina ci saranno molti più ricchi e molti più aspiranti ricchi. Questi richiederanno merci apiù alto livello qualitativo e rappresentativo. Il possesso di un bene, diventerà uno status simbol e tutti tenderanno ad appropriarsene. La produzione massificata e a basso costo, inevitabilmente si sposterà in aree più povere e depresse dove fare l’operaio per 15 ore al giorno ed essere sottopagati, rappresenta comunque un ” vivere migliore”. Fino a quando la ruota della storia ricomincerà a girare nel verso che ha sempre seguito.
Concordo con Aldo: l’Italian Style ha sempre un grande appeal e pertanto questa sterminata nuova massa di ricconi o pseudo tali, rappresentano una grande opportunità. Bisogna saperla cogliere, anzi è necessario saperla cogliere. Spero solo che imprese e organi politici, per una volta facciano quadrato e usino in modo intelligente le proprie capacità e prerogative di ruoli: le aziende creando beni e servizi sempre più innovativi e di alta qualità ( come del resto sanno ben fare ); la politica aiuti e affianchi le aziende ad entrare in questi mercati facendogli trovare un terreno politicamente e amministrativamente già pronto. Lavorare e lavorare , in modo intelligente e in questo lavoro di penetrazione di mercati emergenti, non dimenticare mai che il fatture di maggior successo è sempre …l’elemento umano.
Mi permetto di tediarvi ancora, vi butto li una provocazione, non pensate alla Cina, come fanno molti stranieri con l’Italia, pizza- mafia e mandolino.
A parte che la Cina, ha una cultura che dura da 5.000 anni, è un paese che per molti secoli è stato chiuso al mondo, perchè chi stava fuori era considerato inferiore.
Cultura simile in Giappone, la traduzione letterale della parola straniero, sia in giapponese che cinese è barbaro, ma cosa erano i romani per i greci, o i barbari per i romani, cose che abbiamo già visto o no?
La cina ha avuto un sistema feudale per più di 30 secoli, e non è poco la filosofia confuciana, non ammette il dissenso, nel senso della filosofia greca-occidentale del: tesi – antitesi e sintesi, e difatti gli imperatori reprimevano e quando le dinastie si indebolivano ai re /imperetori tagliavano la testa.
Ma in fondo noi è solo 150 anni che non tagliamo più la testa ai Re, in Ingilterra è da un pò di più di tempo, e difatti in Cina qualcuno scrive o dice che il partito se non gestirà il cambiamento e le spinte al miglioramento delle condizioni sociali, si prospettano un altra tien an men o la caduta ridimensionamento del partito.
Quello che è successo nel 1989
Inoltre la Cina non è un monolite, ma come l’Italia esiste un forte regionalismo, che si contrappone al centralismo imperiale / e del partito, per cui il partito è molto sensibile a certi temi.
Venendo alla parte economica della discussione, oggi nelle grandi città l’acqua non è potabile, a 400 – 500 metri l’acqua delle falde è inquinata da metalli pesanti.
nesuno ne parla ma le malattie legate all’inquinamento sono in costante crescita.
Ma bilanciare crescita con diritti e ambiente è un impresa difficile nelle società democratiche, a mio parere lo è ancora di più nelle dittature, anche se molti potrebbero pensare il contrario.
Infatti nelle prime le opposte idee ed interessi vengono sintettizzati in una soluzione condivisa da una maggioranza ampia dei cittadini, nelle seconde vengono prese decisioni utili solo agli interessi del breve periodo della casta, con il rischio della non loro applicazione nel medio e lungo periodo.
Ok, eccomi pronto.
L’analisi storica non fa una grinza fino….alla dittatura di partito. Apro e chiudo una premessa: non amo nessun tipo di dittatura qualunque colore abbia!
La cina feudale, almeno dal punto di vita politico, muore con la rivoluzione di Mao. Nel pratico, escludendo le grandi città, buona parte delle zone rurali continua a vivere realisticamente come se nulla fosse cambiato dall’era feudale. Quando si parla di politica di partito ( comunista cinese), io mi fermerei a quache decennio dopo la morte di Mao. Dopo, con tutta sincerità il partito si è…modernizzato, fino a governare la Cina e a farla diventare quel colosso di potenza industriale che fa paura persino agli Usa. Un esempio?. La Cina è il primo aquirente di titoli di stato USA ( il paese che ha sempre rappresentato il nemico politico nr 1 per il comunismo in genere e per la Cina nel particolare). Per dirla diversamente, il capitalismo, il liberalismo americano, si sorregge è non può fare a meno dei …capitali del più forte partito comunista al mondo. Strano o no? Per me non molto. Apparentemente, ma solo apparentemente in Cina tutto sembra rosso, in realtà mi pare che la definizione migliore che si possa dare sia quella di…capitalismo di partito. ( per inciso, gli USA hanno fronteggiato la recente crisi finanziaria emettendo titoli di stato a non finire, e la Cina suo malgrado ha dovuto ( e rimarco dovuto) continuare a comprare titoli per fare in modo che l’economia americana ripartisse, ne aveva e ne ha tutto l’interesse ( gatto e topo che volenti o nolenti, fanno sinergia). Il partito, oggi si trova a gestire una richiesta di cambiamento che proviene non più dai soli intellettuali e/o classi universitarie, bensi da un ceto economicamente più evoluto ( che tra un decennio sarà ancora più ampio )che chiede non libertà di parola, bensi libertà di mercato, libertà di movimento,libertà di investimenti e.. consumismo occidentale. Questi saranno i cambiamenti che la cina si troverà a gestire e non potrà ( e forse non vorrà ) più farlo come nell’89. Le voglie di cambiamento di due miliardi e passa di cittadini rappresentano un bel problema che gli eredi del grande timoniere si sono già preparati ad affrontare e cercare di risolvere, ma non potranno più farlo con i carri armati.Necessita una …terza via, considerato che ( secondo il mio modesto parere) le cosidette democrazie ( quasi tutte imperfette), non è che abbiano agito sempre nell’interesse della collettività. Spesso ( molto spesso)decenni dopo ( uno dei difetti delle democrazie imperfette? le verità emergono con vent’anni di ritardo e solo in modo parziale ) si è scoperto che dietro scelte …apparentemente democratiche e mirate al benessere della collettività, ci stavano solo ed esclusivamente interessi di casta e di partito.( casta e partito, sono termini che hanno trovato alloggio nelle moderne ..democrazie) Il paese dove viviamo ( e scriviamo in libertà, se non ci tolgono presto anche questa..) rappresenta un tipico esempio.
Ritornando al cuore dell’articolo, ho letto con interesse gli articoli apparsi in questi giorni sui quotidiani italiani, dove si dava spazio ai rapporti economici tra Cina e Italia. I rappresentati italiani presenti questi giorni in Cina ( Governo, Confindustria, Abi ecc..) hanno avviato una serie di trattative al fine di migliorare e aumentare l’interscambio tra i due paesi. Buona notizia e che nei primi cinque mesi del 2010 gli interscambi sono aumentati del 31% rispetto allo stesso periodo del 2009. Altra curiosità : si stima che nel 2020 saranno 70 milioni le famiglie ricche. ( cioè che disporranno di un reddito intorno ai 12 mila dollari).
Aldo tu ci hai azzeccato, ma io non sbaglio quando dico…capitalismo di partito ( 70 milioni su due miliardi e passa, non sono poi cosi tanti.)
Alla Prossima.
Raul, a parte le opinioni ed i punti vista, su cui non voglio entrare, molte cose che scrivi sono in parte non vere, ma solo perchè conosco la Cina ed i cinesi direttamente, in paricolare il sistema feudale è continuato anche dopo Mao, nel senso che, ed in paese comunista sembra un paradosso, la società è rimasta divisa in caste, chi andava nelle migliori scuole, chi era nell’esercito era in una posizione di vantaggio rispetto a chi era contadino.
Tieni conto che in Cina ancora oggi molte delle cose le fai sa hai un compare che ti da una mano, alla posizione delle famiglie abbienti, si contrappone la sterminata massa di poveri, tieni anche conto che mentre la generazione nata negli anni 70 e 60, hanno visto un generale miglioramento delle condizioni, vino a 20 anni fa la carne si mangiava una volta ogni tanto le arance e la frutta solo per il capodanno cinese, le generazioni attuali, sono partiti già con queste cose, ma con un mercato del lavoro più competitivo, con stipendi che rispetto a prima sono peggiori per i nuovi entranti che magari hanno anche studiato all’estero si trovano gli stipendi che sono appettibili per un contadino dello sichuan ma non per un ragazzo con un mba del MIT, ti suona famigliare vero.
Guarda che le nostre imperfette democrazie, hanno fatto meglio di tante dittature, garantendoci un progresso economico e sociale che non ha pari.
Ho una parte della famiglia che abita a Pechino, conosco Pechino e la Cina molto bene, tanto che un amico Cinese mi dice che la conosco meglio di lui, mi piacciono cultura cibo, l’unica cosa che mi manca è il senso di libertà che la mia povera italietta mi da, ma parafrasando il Calamandrei la libertà è come l’aria ci rendiamo quanto è importante solo quando inizia a mancare
Aldo, verifica bene il mio scritto e vedi che alla fine ( sistema feudale della cina, caste ecc ..) stiamo dicendo le stesse cose. INfatti, sono assolutamente convinto che la cina non sia tutta quello sfavillare di luci che ci hanno fatto vedere per le olimpiadi. Non metto in dubbio anzi sono convinto di una forte corruzione che anima tutti gli apparati.
Sono convinto che la democrazia sia da privilegiare e meriti di essere difesa anche con le armi. Sono anche convinto che la democrazia ha… i suoi scheletri nell’armadio che si chiamano principalmente non informazione o informazione gestita, silenzi, omissioni e impunità.
Per questo nel mio precedente ho espresso un parere, forse un sogno: che per la gestione delle legittime richieste di cambiamento si trovi una terza via che tenga conto principi come: rispetto, etica, morale, senso del dovere. A presto.
Cina, Vietnam, Indonesia… cosa cambia? L’attività produttiva a basso valore aggiunto seguirà sempre il costo della manodopera più basso e lo “strapotere” cinese nell’export non lo vedo come una minaccia, con il commercio ci guadagnano più o meno tutti (parlando di teorie che escludono i disagi sociali e i costi che generano).
E anzi, vedere la Cina come una minaccia e non come un’opportunità è un comportamento miope che secondo me dev’essere evitato se si vuole crescere, quale imprenditore sarebbe così folle dal non vedere un’opportunità di crescita con il mercato cinese? Parliamo di miliardi di persone aperte alle novità, un’economia in crescita costante e una classe imprenditoriale cinese dinamica e aperta agli affari.
Esempi positivi già ci sono, la Riso Gallo esporta alcuni prodotti in Cina e vengono considerati come fascia alta del mercato e il paradosso di vendere riso ai cinesi è realtà (un po’ come vendere ghiaccio agli esquimesi). Certo ci vuole coraggio, dinamicità imprenditoriale, fiuto per gli affari e ancora una volta coraggio. Ma il conservatorismo e la sicurezza delle solite routine rimangono favorite, è più facile urlare “al lupo al lupo” e chiedere protezione alla classe politica piuttosto che – scusate il termine – tirare fuori le palle e rischiare per crescere e fare grandi cose. Ma le scelte conservatrici pagheranno fino ad un certo punto, quando i mutamenti economici e sociali saranno tali da non rendere più sostenibili certe pratiche allora quelle imprese magari chiuderanno e la colpa non sarà della Cina più competitiva, ma del vecchio imprenditore miope e non avvezzo al cambiamento.
E’ importante capire che il commercio internazionale (non solo da e verso la Cina) avvantaggia tutti e non c’è bisogno di un manuale di Economia Internazionale per capirlo, ma basta osservare la realtà dei fatti con occhio critico.
Se però si considerano i disagi sociali, beh allora lì si entra in un’altro ambito di discussione…